Piccole Cose Come Queste: Recensione del Film



Regia: Tim Mielants


A più di vent'anni di distanza dal film dedicato alle Magdalene Sisters, per non dimenticare che, come riporta la didascalia finale, l'ultima struttura è stata chiusa nel 1998.

In un'Irlanda isolata per contesto geografico, condizione che sembra renderla arretrata in ogni campo, Bill Furlong, si preoccupa; il volto segnato e angosciato di un Cillian Murphy in stato di grazia esprime, attraverso la luce degli occhi scavati, la sofferenza per il non detto, il non mostrato.

Nelle sue tormentate notti insonni, destato dai ricordi di un'infanzia difficile, si affligge per i mali di chi vive accanto a lui. La povertà, la fame, il vizio, l'ignoranza, la violenza caratterizzano gli Irlandesi dai racconti di Joyce. Nulla è cambiato. In un'epoca in cui c'è la televisione a colori, le giovani donne che restano incinte alla prima esperienza fisica, a volte nemmeno consenzienti, vengono relegate ad una sorta di prigionia legalizzata con l'omertoso beneplacito della famiglia.

Padre di cinque ragazze, ma soprattutto figlio di una donna sola, di cui orgogliosamente porta il cognome, accolto e accudito dalla ricca signora per cui la madre lavorava, teme che le suore, votate a Dio, non facciano del bene alle giovani fedeli che vengono loro affidate; o, ancora peggio, che la facciata di insegnare loro un lavoro, assisterle nel parto e occuparsi dei bastardi loro figli sfortunati, sia solamente una bella maschera di falsa benevolenza.


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Simbolico il gesto, ripetuto ogni sera non appena rientrato a casa, propiziatorio alla cena, momento di raccoglimento famigliare tra le sue donne, di lavarsi le mani, con l'ordinata sequenza in cui viene riposto prima il sapone e poi la spazzola, con l'energico strofinio volto a togliere ogni traccia, ma non sufficiente.

Più ostinato del nero carbone, che gli si annida sotto le unghie, è il timore misto al dubbio che cova nel cuore e nella mente, di non aver fatto quanto in suo potere, di aver lasciato correre, di non essersi impegnato, speso, adoperato. Non per un ritorno personale o per dare l'esempio, ma perché così sente in cuore suo essere giusto, al di là della legge, sia essa dell'uomo o di Dio.

L'abnegazione con cui il protagonista agisce, deciso nel passo, sicuro nel dove dirigersi, certo che il suo più brutto pensiero si era avverato, supera gli accorti consigli della barista che lo mette in guardia e della moglie che lo compatisce.

Quale miglior momento se non la vigilia del Natale, ricorrenza cattolica sacra per eccellenza, per compiere quel gesto di solidarietà, amore, giustizia, volto a ridare affetto, calore e dignità a chi pensava di essere condannata alla privazione.

Un atto coraggioso e altruista che colpisce, indipendente dalla fede e dal dio a cui ognuno di noi si consacra.

Voto: 9

Buona visione,

Diva Artemide


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