Regia: Francis Ford Coppola
Un sogno lungo un libro. O un film. O una carriera.
Mentre si discute del ritorno di Coppola con lo sbriluccicante Megalopolis, auto-finanziato coi proventi dei suoi vigneti perché nessuno voleva produrglielo, noi vi ricordiamo che il regista di Detroit era già tornato a casa, tredici anni fa.
È tornato dove aveva iniziato: nell’horror a basso costo alla factory di Corman, che da buon vecchio mentore glielo produce anche, lontano dai fasti del grandioso che di solito gli si attribuisce (qualcuno ha detto Dracula di Bram Stoker?), sceneggiandoselo e distribuendolo con la sua Zoetrope, probabilmente perché aveva voglia di vederlo.
Mettiamoci nei suoi panni: sei un regista famoso, sessantenne, che ha sempre inseguito i progetti a cui tenevi; hai tenuto testa ai produttori che non volevano Al Pacino nel Padrino, hai rischiato il matrimonio con tre anni di riprese per girare Apocalypse Now, hai accumulato debiti per l’insuccesso di Un sogno lungo un giorno, ma erano i tuoi sogni, le tue visioni, le tue polemiche.
Possiamo dirgli qualcosa perché ha pagato di tasca sua per fare questo opale?
No.
Possiamo solo apprezzarlo.
Lo scrittore in declino Hall Baltimore (Val Kilmer con codino e pancetta) è in giro a promuovere il suo ultimo romanzo. Capita nella cittadina di Swann Valley, dove lo sceriffo locale Bobby LaGrange (Bruce Dern) aspirante scrittore cerca di imbarcarlo con materiale per un nuovo libro, raccontandogli di una serie di omicidi locali, e – per invogliarlo – mostrandogli all’obitorio il cadavere di una ragazza impalata. Subito Hall nicchia, ma durante il suo soggiorno nell’hotel locale avrà la sua bella girandola di momenti onirici incontrando la misteriosa e diafana V (Elle Fanning) e un illustre ospite passato dell’hotel: Edgar Allan Poe (Ben Chaplin).
Negli anni in cui imperversavano i vampiri-Swarovski di Twilight, questo film è una boccata d’aria fresca e un gioiellino di bigiotteria da recuperare. In pratica Coppola gira una versione in sedicesimo di Il Seme della Follia di Carpenter, dove si respira l’aria da B-movie già dall’ambientazione (il campanile dai sette orologi, che da dentro ricorda certi set cormaniani) girato interamente nella sua tenuta a Napa Valley, con gli effetti digitali e 3D più sperimentali che voluti e il bianco e nero dei sogni virato su dei grigi da due soldi che però funzionano.
Val Kilmer bolso e in declino è il riflesso della sua carriera, fra litigi via skype con l’ex moglie (per davvero!) Johanne Whalley e la situazione in cui è trascinato; ma è una delle ultime volte in cui potremo sentire la sua vera voce, prima della sfortunata malattia che gliela porterà via. Quella voce che aveva così sapientemente interpretato assieme al fisico (e all’uso di droghe e alcol) Jim Morrison, in The Doors di Stone purtroppo non c’è più.
Elle Fanning invece è una vampira lunare, quasi d’alabastro, con gli occhi e la bocca sporcati di un rosso sbavato e l’apparecchio dentistico che la rendono così dolce e sospesa fra infanzia e adolescenza e in ogni caso molte spanne più su di sua sorella maggiore Dakota nei Twilight saga di cui sopra.
Chaplin è un Poe onesto e virgiliano, senza la caricatura di furori alcolici, anche se uno che avrebbe davvero le carte in regola per interpretarlo è Joaquin Phoenix (che guarda caso ha rifiutato il ruolo del bostoniano in The Raven).
In ogni caso è un film di Coppola, un sogno lungo un film, che ha voluto cesellare per sé stesso, per sperimentare, tornare al passato e fare quello che gli piace e che sa fare: cinema puro e semplice, fregandosene di tutto il resto. E ricordare anche il brutto sogno della morte del figlio Gian Carlo, alluso dallo stesso incidente di V.
Un sogno, ma anche un viaggio fra Alfa e Omega della carriera del regista, anzi, come recita la poesia che dà il titolo al film, B’Twixt now and sunrise, fra alba e il tramonto.
Nel 2023 Coppola ha proposto un nuovo cut del film col titolo B’Twixt now and sunrise, ma per quanto mi riguarda dream is over…
Buon sogno,
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