Regia: Coralie Fargeat
Coralie Fargeat ha fatto ancora centro.
Alziamo pure l’asticella dicendo che è ANCHE un body horror. Dopo aver puntato il suo mirino agli attributi maschili(sti) sette anni fa col film d’esordio, l’ottimo Revenge, un rape & revenge femminista, con una sensibilità, beh femminile ma non per questo (e in virtù di questo) meno affilata, la regista francese questa volta mira al cuore, sparandoci questa sostanza che va dritta al midollo e all’occhio di chi guarda: la bellezza, la giovinezza, la critica acida allo star-system che mastica e inghiotte le attrici una via l’altra come fossero Morositas…o come me al cinema con le Morositas.
Chi è che non ha mai sognato una versione migliore di sé? Più giovane, più fresca, più figa? Elisabeth Sparkle (Demi Moore), è un’attrice che ha superato la cinquantina (anche se ne ha sessanta, ma complimenti lo stesso: già vent’anni fa in quella cazzatina di Charlie’s Angels 2 si intronava a santa patrona di tutte le MILF), e anche la boa delle opportunità.
Conduce un programma di fitness stile Cindy Crawford, ma è prossima al rimpiazzo.
L’opportunità le si presenta quando qualcuno le passa una chiavetta Usb che pubblicizza “la sostanza”, un liquido color verde Re-animator che le permetterebbe di sdoppiarsi (letteralmente) in una versione/proiezione più giovane e sexy di sé. La partenogenesi, avverrà, e – con una sequenza che non mostra molto, ma comunque d’effetto – dalla schiena le si schiude Sue (Margaret Qualley, sempre sia lodata), pronta a muovere glutei e fianchi al posto di Elisabeth, ma anche a godersi la vita. La Matrice rimarrà inerte, ma godrà i benefici sensoriali della sua Avatar.
Ma entrambe sono vincolate da una regola: ogni sette giorni devono scambiarsi i ruoli senza eccezioni; ma un’eccezione conferma la regola giusto? Giusto?
Peccato che Elizabeth continui a dimenticare l’assioma fondamentale, lo stesso che era sfuggito al dottor Jekyll: tu sei uno. Non c’è una lei e lei…ma io & io. E l’equilibrio va mantenuto.
Coralie Fargeat, lo scrive, lo dirige e lo monta, con la stessa lucidità chirurgica con cui Sue ricuce la schiena di Elisabeth dopo la sua “nascita”, per raccontarci in fondo la stessa storia di Revenge: la lotta di una donna contro il maschilismo sbavante di carni fresche e sode (incarnato dal laidissimo Dennis Quaid che sostituisce il compianto Ray Liotta), ma che ha davanti un nemico peggiore: sé stessa. Fa male, eh? What a drag is getting old!
Non le manda a dire Coralie: né attraverso le metafore – la parabola della carriera di Elisabeth raccontata attraverso la costruzione della sua stella nella walk of fame, il video spiegazione con la clonazione dell’uovo che ha il tuorlo giallo canarino, ma è anche la tinta del cappotto di Elisabeth – né attraverso gli omaggi e i rimandi ai capisaldi del genere. Non solo la signora ha studiato e assimilato, ma come una Pallade Atena è uscita fuori dal cranio dei numi del body horror a colpi di martello (Cronenberg e Yuzna, ma anche certe distopie di Kubrick: il bianco piastrellato del bagno sembra un mattatoio) per rimodellare la materia fino al midollo.
E che materia: Demi Moore e Margaret Qualley si concedono nudi integrali a gogò, creando ai parenti un motivo per glissare sul film, la prima mostrando tutta la pergamena dell’età (complimenti, comunque, vedi sopra) e sottoponendosi ad un make-up che la trasforma da vecchia megera che si strafoga di ricette francesi per “punire” gli sgarri di Sue ad una vecchia blatta che pare la nonna de La Mosca, fino agli eccessi conglomerati di Society – The Horror; mentre la seconda con coraggio e malizia tutta muliebre, si mostra generosa come mamma Andie MacDowell l’ha fatta, gocciolando sudore fuori e dentro l’aerobica, strizzata in tutine di velcro e pantoloncini e che Daisy Hazzard chi?
Il repertorio c’è tutto: mutazioni, deformazioni, aberrazioni, aghi, tubi, endovene, cicatrici, lividi rughe, sangue e schifo.
La tragedia e il disgusto vanno allo stesso passo insieme alla pietà per una povera stella.
Siamo fatti così: della stessa sostanza dalla quale non possiamo scappare.
Cronenberg docet, Fargeat fiat.
Anatomica visione,
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