Regia: Gary Dauberman
Parafrasando un altro titolo dello Zio Steve: A volte ritornano.
Ed eccovelotiè, il terzo adattamento di Le Notti di Salem, che bussa alla vostra finestra, chiedendo di entrare, per portarvi sulle ali della notte e ingrossare le fila di quelli che l’hanno visto.
Non volete aprirgli, visto è che qualche anno che – poraccio– svolazza in attesa?
Come ce ne fosse stato chissà quale bisogno…
Se siete tra quelli che non conoscono King (esistono?), il suo romanzo e i due adattamenti televisivi, vi rimandiamo alla (molto) scorsa puntata qui.
Per gli altri invece, avanti tutta, dritti come un paletto di frassino al cuore della recensione.
Lo scrittore Ben Mears (Lewis Pullman, figlio di Bill), torna al paesello natio, ‘Salem’s Lot, per scrivere un romanzo su Casa Marsten, la villa cupa che sta in cima alla città.
La casa però è già stata affittata dal duo Straker& Barlow, equivoco antiquario e famiglio del secondo, un vampiro che notte dopo notte mordicchia sul collo i popolani per farne una colonia.
Spetterà a Ben, assieme a Susan, il pubere Mark, la scettica dottoressa Cody e l’avvinazzato padre Callahan, a cercare di fermare l’armata di ciuccia colli.
Annunciato sull’onda del successo di IT verso il 2018 o giù di lì, rimandato, girato, posticipato, messo in frigo e infine rilasciato in una versione sforbiciata di 1 ora e 53 (contro le 3 previste), per lo Spooktober 2024, il film mantiene l’ambientazione del 1975, rifacendosi alla miniserie di Tobe Hooper persino nel look di Barlow come Nosferatu bluastro e usato con parsimonia in poche scene.
Il ritmo è quello della serie (e il romanzo), ma aggiornato agli standard odierni: sui titoli di testa i ritagli di giornali e mappe navali ci informano del viaggio via mare della bara di Barlow e l’apertura del negozio, e il film parte subito con l’arrivo della cassa a Salem al crepuscolo, e già promette bene. Poi prosegue sui binari canonici, le prime sparizioni e con tutte le inclusività del caso: Mark è un nerd di colore e la quota rosa e black viene affidata alla dottoressa Cody, mentre Susan è meno scipita del remake del 2004 (e ci vuole poco). Insomma, si ricalca il buon Tobe, con l’aggiunta delle croci che si illuminano come torce. Ne voglio una anch’io, le venderanno all’Ikea?
Se non che, sul finale il film accelera e prende un twist interessante, che poi è il motivo di interesse di sto remake: lo scontro finale non più nella buia cantina, bensì in un assolato drive-in con lo schermo a far da protezione solare e i vampiri a dormire dentro...questo non ve lo dico.
Dell’ora sforbiciata, onestamente non so che pensare, dubito che possa aggiungere chissà quale dinamica, al “paese che conosce la tenebra”. Di certo la traccia cara allo Zio Steve (e al capostipite di Hopper) della comunità con i propri segreti ed intrecci non abita qui.
Non un brutto remake, probabilmente sulle piattaforme svolazzerà e piacerà abbastanza (magari venderà qualche altra copia del libro), ma alla fine mi dà l’idea di un prodotto pensato per le nuove generazioni: da consumare – e archiviare – senza pensarci troppo.
Perciò, nonostante l’obbrobrio di locandina, se ve lo trovate nel palinsesto, lasciatelo entrare.
Buona visione
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