Regia: Francis Ford Coppola
Sarà forse Megalopolis il film testamento che il grande regista, oramai ottantacinquenne, Francis Ford Coppola, ha voluto lasciare al suo pubblico?
Lo suggerirebbero la tenacia e la determinazione con le quali Coppola ha perseguito questo suo progetto, riprendendolo e rielaborandolo per oltre quarant’anni, fino ad arrivare al sacrificio personale di una proprietà in California, per autofinanziarsi ed essere libero nella sua ispirazione.
Il risultato è questo vero e proprio kolossal hollywoodiano, debordante di spunti e temi con correlativi dettagli, a metà strada tra fantascienza, rievocazione storica e utopia visionaria, il tutto filtrato attraverso una lente satirica deformante degna di Orazio o, meglio, di Giovenale.
L’ambientazione è una New York devastata da un cataclisma, ma riconoscibilissima (in primo piano il Chrysler building) ed esplicitamente proposta come la rincarnazione dell’antica Roma ai tempi della crisi della repubblica.
I nomi dei personaggi, le didascalie da cinema muto, i costumi, per non parlare delle citazioni letterarie, riportano a quel periodo di decadenza morale, quasi a suggerire il parallelismo con la decadenza e il vuoto di prospettive del nostro mondo occidentale.
Sarà questo il messaggio? Come uscirne? Alla decadenza imperante ecco contrapporsi l’audacia visionaria del protagonista Cesar Catilina (Adrian Driver) un architetto (l’architectus mundi forse?) che intende realizzare una città futuristica impiegando un nuovo materiale, il megalon, assolutamente straordinario che gli permetterebbe di concretizzare un sogno rivoluzionario di società futura. A lui si contrappone in tutto e per tutto il sindaco corrotto della città Frank Cicero (Giancarlo Esposito) conservatore, ancorato alla vecchia idea del cemento senza sogni o prospettive per il futuro, ma imprigionato in un presente fatto di opportunismi e soluzioni a breve termine.
A fare da trait d’union tra i due la figlia Giulia (Natalie Emmanuel), affezionata al padre e innamorata di Cesar. A rafforzare il richiamo di Roma antica concorrono altri personaggi: Crasso, naturalmente un banchiere (Jon Voight), Clodio un eccentrico capo popolo (Shia Labeuf), addirittura la vestale casta e pura (Grace Banderwaal), una cantante messa all’asta.
E come se non bastassero le citazioni, da Shakespeare a Marco Aurelio, alcune scene da teatro sperimentale, nonché parte della trama che strizza l'occhio a West Side Story, condiscono con americana e chiassosa opulenza un melting pot di intrattenimento.
Forse troppa carne al fuoco, troppo uso di megalon, tanto da rendere spontaneo il paragone con un film cult della cultura americana (Metrolopis), quanto far risultare eccessivo per alimentare l’ambizioso progetto del regista, la sua megalomania. Ciò si riscontra anche nell’affollato cast, tutti attori di grande livello, vecchie e nuove glorie, troppe e spesso sprecate in ruoli marginali.
Voto: 6.5
Buona visione,
The Mom (Flora Rossana)
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