Leggere Lolita a Teheran: Recensione del Libro



Autore: Azar Nafisi


Leggere Lolita a Teheran è un romanzo sull’importanza della letteratura, un manifesto del potere che possono avere i libri anche e soprattutto, in contesti dove non vige nessuna democrazia.

Siamo nel 1979, La professoressa Azar Nafisi tiene un corso di letteratura inglese a Teheran, la sua città natale, nella quale è tornata dopo esser stata 13 anni in America. Ma il 23 settembre del 1980 scoppia la guerra tra Iran e Iraq , e dopo l’insediamento della Repubblica islamica dell’iran con la salita al potere dell’ayatollah Khomeini, la situazione degenera drasticamente, soprattutto per le donne.

Il governo approva nuove norme che disciplinano l’abbigliamento delle donne nei luoghi pubblici costringendole a portare o il chador o la veste lunga e il velo. Le pene previste per le infrazioni vanno da una multa fino a un massimo di 76 frustrate e a un periodo di detenzione.

La guerra dura fino al 1988 e per tutti questi lunghi 8 anni, che lasciarono più di un milione tra morti e feriti, il regime islamico non smise mai la sua lotta intestina contro i nemici interni.

Visto il clima repressivo Azar si trova costretta a rassegnare le proprie dimissioni.

Per alcuni anni si occupa solo delle figlie e si rifugia nei suoi amati libri.

Tuttavia nel 1987 accetta di indossare il velo per tornare ad insegnare nell’università di Tabatabaik dove tiene un corso su Daisy Miller di Henry James, uno dei maggiori scrittori statunitensi, un romanzo breve in cui centrale è la collisione.

Nel 1995 Azar decide di lasciare l’università e di realizzare un sogno tenere un seminario incentrato su Nobokov, e in particolare su Lolita, aprendo il salotto di casa sua alle sue sette studentesse più meritevoli. In un momento storico repressivo e punitivo nei confronti delle donne, che si vedono costrette ad indossare il velo e limitate in ogni piccola libertà, dove Lolita e Il Grande Gatsby sono testi censurati e introvabili, l’appuntamento settimanale a casa della professoressa diventa per queste ragazze un atto di resistenza e di affermazione di se stesse.

Il salotto di Azar diviene un luogo ameno che sfugge all’oppressione imposta dal regime iraniano e una sorta di terreno franco in cui le sette studentesse sono libere di togliersi il velo e di sfoggiare i loro vestiti colorati, di sciogliersi i capelli, di parlare a voce alta e ridere mentre sorseggiano tè e pasticcini.


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Ogni giovedì nel salotto della propria abitazione, la professoressa con coraggio e orgoglio, combatte il «censore cieco», ovvero il regime totalitario della Repubblica islamica dell’Iran.

Contesta un sistema deviato e maschilista, che priva le donne della propria identità rendendole il prodotto dell’ideologia degli altri, «il prodotto del sogno di qualcun altro», proprio come Lolita.

Le otto donne diventano il simbolo della condizione femminile contemporanea, vittime di quella omologazione forzata che rende estranei a sé stessi ma che soprattutto nasconde dietro veli neri menti e personalità brillanti e capaci.

Leggendo grandi classici della letteratura occidentale le partecipanti al seminario privato parlano di donne e della realtà che le asfissia.

Gli Ayatollah hanno compiuto esattamente ciò che Humbert ha messo in atto con Lolita, privandola della sua libertà e plagiandone l’esistenza a suo piacimento. In entrambi i casi alle vittime viene confiscato il diritto stesso alla vita, mentre il progetto di una mente malata riesce ad avere il sopravvento. Nafisi, infatti, scrive che “le donne iraniane sono diventate il prodotto del sogno di qualcun altro”.

Azar Nafisi denuncia con forza tutto l’orrore del khomeinismo, un regime che vieta, spia, colpevolizza tutti e mortifica le donne, che non possono più correre, truccarsi, farsi crescere le unghie, ridere, in una sola parola vivere.

A tutte loro Nafisi offre un’arma di difesa, i libri: La scoperta condivisa della letteratura si rivela uno strumento d’identificazione che aiuta a far chiarezza sulla trama della propria vita. Leggere e vivere i libri le rende libere dal totalitarismo. Leggere Lolita a Teheran celebra l’immaginazione e la letteratura come mezzi di sopravvivenza verso un regime repressivo e totalitario.

I testi diventano una chiave d’interpretazione della realtà in cui le donne sono costrette a vivere: l’autrice elegge a simbolo dell’Iran la figura di Lolita, donna-schiava, personificazione del sogno erotico di Humbert, privata della libertà e dell’infanzia.

Le ragazze analizzano Lolita, Il grande Gatsby, Orgoglio e pregiudizio, Madam Bovary, Cime tempestose, Daisy Miller e Washington Square di Henry James, Invito a una decapitazione, Le Mille e una Notte e molti altri.


Un romanzo è l’esperienza sensoriale di un altro mondo. Se non entrate in quel mondo, se non trattenete il respiro insieme ai personaggi, se non vi lasciate coinvolgere nel loro destino non arriverete mai […] al cuore del libro”.


Questa capacità critica è la chiave di salvezza offerta da Nafisi: la letteratura non diventa solo il rifugio dagli orrori della realtà quotidiana ma anche lo strumento per mantenere una coscienza critica, la capacità di analisi, uno spazio per difendere la propria dignità umana.

Nafisi afferma che tra i diritti umani bisognerebbe aggiungere “il diritto all’immaginazione”.

Buona lettura, qui il libro




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