Regia: Todd Phillips
Sequel dell'ultimo film spin off dedicato al villan più acerrimo di Batman, riprende la storia da dove si era interrotta. Rinchiuso nel manicomio simbolo della detenzione di Gotham, Arthur Fleck, interpretato anche stavolta da Joaquin Phoenix, incontra Lee Quinzel, in cui l'embrione di Harley Queen stà goffamente trovando spazio. Nonostante l'insuccesso al botteghino e la feroce critica, personalmente ho comunque apprezzato non solo la commistione di generi, dall'animazione al musical, ma anche il significato profondo che accompagna una delle tante storie di amore tossico. Affrontando il sempre attuale tema della detenzione e della follia, lo spettatore non può che parteggiare per il tanto colpevole, quanto sfortunato protagonista.
Molta della responsabilità per il mancato accudimento, correzione e gestione della malattia del mancato comico è, di fatto, della società, che condanna, addita e punisce. La violenza più brutale è quella che non viene mostrata, lasciata all'immaginazione dello spettatore. La ferita più lacerante è quella aperta da chi non ti aspetti, di cui ti fidavi, da cui ti sentivi capito.
Basta così poco per scivolare nella pazzia, ed ancora meno per essere giudicato folle, da una società così aggressiva ed egoista, che è essa stessa responsabile della risposta emotiva tanto originale da risultare incomprensibile.
La falsa ma gentile bugia in cui Arthur si rifugia, diventando Jocker, arricchita dai colori accesi e dall'armonia musicale dei brani in cui Joaquin Phoenix si esibisce con Lady Gaga serve per non affrontare la cruda realtà.
Paradossalmente il malato, ritenuto pericoloso dalla parte considerata acculturata, ordinata e istruita della società, viene invece esaltato dalla massa, che riconosce, nella semplicità, istintualità e sincerità del folle gesto, la forza di un leader.
Dall'esaltazione alla strumentalizzazione il passo è breve, così come lo sarà la fase dell'innamoramento per Lee Quinzel, lasciando Arthur nuovamente solo.
Un'inquadratura su tutte resta: quella della scalinata, squallida nella sua sporcizia, formata nella sua altezza, alla fine della quale non arriva nemmeno lo sguardo. Una scalinata di quel colore marrone che tanto angosciava Hans, protagonista di “Opinioni di un clown” di Böll.
VOTO: 7.5
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