Beetlejuice Beetlejuice: Recensione del Film



Regia: Tim Burton


Dite il suo nome, ditelo due volte e alla terza...Nostalgia, nostalgia, nostalgia canaglia.

Beetlejuice – Spiritello Porcello (1988) è stato un film con cui sono cresciuto, una favola macabra, dolcissima e surreale grazie ad una summa di parti: i neosposi defunti e imbranati Adam e Barbara Maitland (Alec Baldwin e Geena David) che vogliono scacciare i nevrotici yankee da casa loro, la tenera Lydia (occhiaie e volto della diciassettenne Winona Ryder) figlia di questi ultimi e dark affascinata dalla morte, il protagonista eponimo (Beetlejuice/Michael Keaton, prima che il completo a righe diventasse un costume cosplay) e la regia di Burton in grado di esprimere tutta la sua poetica weirdo (come probabilmente veniva guardato ai tempi in cui annusava pennarelli alla Disney) “strana e oscura” (cit.).

Trentasei anni e una carriera dopo, nonostante i rumors e dichiarazioni di Keaton che si dichiarava “non interessato” a tornare a vestire i panni lerci del bio-esorcista (poi ha dato un’occhiata all’estratto conto e alla sua carriera e ha cambiato idea), ecco la rimpatriata dei compagni di banco con (quasi) tutto il cast originale del primo Beetle per il sequel che già dal trailer odorava di nostalgia e paraculaggine.

Lydia (Winona) conduce un programma sul paranormale, ma crede più alle pasticche che ai fantasmi, ha un rapporto pessimo con la figlia Astrid (Jenna Ortega) ed è tormentata dal ricordo di Beetlejuice. La morte di papà Charles (Jeffrey Jones assente per guai giudiziari e quindi non gradito), riporta lei, Astrid e la matrigna Delia al paesino del primo film, nella casa dove i Maitland sono liquidati con una frase di dialogo – ed è forse l’assenza che pesa di più – ma in compenso in soffitta c’è ancora il plastico del paese compreso di tomba di Beetlejuice che è rimasto sì in attesa dall’aldilà, ma ha anche lui le sue grane: la sua ex moglie Dolores (Monica Bellucci) è rediviva e redimorta e semina il panico fra i corridoi dell’Oltretomba in cerca del suo maritino. Presto vivi e morti si rincontreranno…

Non avevo grande fiducia nel trailer e la visione è stata la conferma.


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La prima parte mi aveva illuso con le sue premesse: “Dai che non sembra male, dai che Burton ce la fa. La Bellucci ha anche un ruolo minaccioso, l’estetica da luna park necrofilo va beh, è la sua cifra stilistica ormai, dopotutto non siamo più negli anni Ottanta, vuoi vedere che…?

Poi inizia il secondo tempo e Burton caccia tutto nel cesso: citazioni e ammiccamenti continui al primo film messi ad minchiam per scatenare l’effetto boomer agli spettatori, estetica da baraccone degna di una serata al Transilvania Horror Rock Kafè, numeri da musical ad minchiam parte II, soluzioni di sceneggiatura talmente frettolose che fanno quasi incazzare e spreco di comprimari illustri (Willem Dafoe e Burnt Gorman) per l’effetto finale di stare guardando una festa di Halloween per bimbi necrofili o boomer. Meglio il Lucca Comics, allora. Tutto per due ore e rotte, mentre al primo capitolo bastavano neanche novanta minuti. Per tacere della Bellucci, nuova Musa di Burton, in un ruolo da bolla di sapone, non serve manco fare paragoni con Helena Bonham-Carter.

Burton ha smarrito la sua vena, abdicando per il ruolo di caricatura di se stesso. Altri omaggi, come La fabbrica di Cioccolato e Dark Shadows, filtrati dalla sua poetica avevano ragione di essere, ma qui abbiamo una scatola vuota, inzuppata nella voglia di ammiccare a TUTTO il film precedente, riproponendo tutte le situazioni, dalle più smaccate alle più fini, Banana Boat Song compresa. Tanto è un cosplay party, mica un sequel.

Il vero epitaffio del film l’ha enunciato mia moglie all’uscita del cinema: “E’ stato alla tua aspettativa di non aver aspettativa.

Infatti più che il succo di scarafaggi, è stato un frullato indigesto.

Here lies Betelegeuse!


Trailer


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