Regia: Arkasha Stevenson
Woe to you, oh earth and sea
For the Devil sends the beast with wrath
Because he knows the time is short
Let him who hath understanding reckon the number of the beast
For it is a human number
E partiamo con la citazione dei Maiden, per celebrare (diabolicus, of course) il sesto film della saga di The Omen – il Presagio. Sei, il numero della Bestia, il marchio del diavolo, ma anche il bollino di un film ben riuscito. Alla notizia della sua uscita non gli avrei dato due lire.
Dopotutto, la saga del Presagio conta di tre film effettivi e completi, un arco narrativo che si riassume in infanzia, prime vocazioni e Anticristi di Damien Thorn. Il quarto capitolo già era una boiata anni Novanta con ragazzina luciferina, episodio da discount che nulla aggiunge e nulla toglie.
Sul remake col botox (numero 5), in cui ci siamo cascati come polli perché usciva il 6/6/2006 è meglio sorvolare.
Ma il diavolo sta nei dettagli e non ha fretta, così dopo gli annunci del 2022 sul progetto Omen, ecco che arriva il prequel ai fatti narrati nel primo film.
E uno pensa a certe vaccate come L’Esorcista – La Genesi, e già ti prende male. Quanti prequel hanno mancato il bersaglio, dovendo farcire e far quadrare i conti sul non detto o su certi dettagli?
E invece.
Nel primo capitolo c’erano certi non detti che stuzzicavano lo spettatore: quando Gregory Peck e David Warner scoperchiavano la tomba della sedicente mamma di Damien, tale M. Scianna, dentro la bara trovavano la carcassa di uno sciacallo.
Bene, il prequel si ricorda anche di questo, nonché di Padre Brennan (Patrick Trougton, destinato ad una brutta fine nel primo film,) ma qui giovanile e indaffarato ad prevenire il Male col volto di Ralph Ineson.
L’incipit dimostra di aver capito la lezione del capostipite, e assistiamo ad una confessione su un culto oscuro in seno alla Santa Madre Chiesa e un cranio tranciato, quello del povero padre Harris, ovvero un piccolo cameo di Charles Dance che prefigura la fine futura di padre Brennan. Evvai, si parte bene.
Dopodiché, a Roma arriva l’aspirante suora Margaret Daino (Nell Tiger Free), che presta servizio presso un orfanotrofio, gestito da suore, tra cui la rigida badessa Silva (l’ex donna ragno Sonia Braga), l’infervorata suor Anjelica, la rilassata compagna Luz (che la porta a ballare la prima sera), e l’irrequieta adolescente Carlita che fa strani disegni, del tipo “disegnate la vostra famiglia” ma con suore ghignanti, diavoloni e uteri.
Avvicinata da Padre Brennan, Margaret si troverà coinvolta in una spirale di orrori del quale lei scoprirà di essere un epicentro. Dopotutto se il tuo mentore è un cardinale col volto di Bill Nighy, puoi solo pregare: “Padre nostro che fosti nei cieli"...
Arkasha Stevenson dirige e co-sceneggia la storia che ha il compito di confluire nel primo Omen facendo quadrare i conti, e quello in cui riesce è nel creare una storia quasi autonoma per la prima ora e mezza, senza dover ammiccare in modo continuo al capostipite, a parte un paio di strizzatine d’occhio come il cranio spaccato all’inizio e il suicidio di suor Anjelica che rimanda a quello della balia con tanto di “I’m doing this for you”. Magari l’avesse fatta Mia Goth sarebbe stato più gustoso. L’ambientazione romana rende, le contestazioni studentesche invece sembrano una didascalia inutile. Centoventi minuti, ma che scorrono nel raccontare una storia dove i pezzi si uniscono poco per volta, senza fretta, procedendo per enigmi e paranoie come il capostipite. I fan del macabro apprezzeranno la gravidanza satanica con tanto di rottura delle acque.
Io invece apprezzo l’aver saputo aggiungere un tassello alla saga a quasi cinquant’anni di distanza. Probabilmente bisognerebbe vederlo in coppia col “gemello” Immaculate per avere una visione più ampia, visti i temi simili.
Per il momento vi consigliamo questa diabolica visione numero sei…sei…sei…
Six six six, the number of the beast
Sacrifice is going on tonight
Buon presagio a tutti
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