Regia: Michael Mohan
“Novizia americana spaesata a Roma”: trend horror del 2024 o soggetto vogliosetto da filone conventuale anni Settanta?
Un po’ entrambi, se guardiamo il fatto che sorella Cecilia sotto il velo ha le fattezze paciocche di Sydney Sweeney e che da marzo a luglio sono stati partoriti due gemelli diversi come Omen – L’Origine del Presagio e questo Immaculate – La Prescelta, sottotitolo inutile quanto italico (e mezzo spolier). Del primo, abbiamo già parlato la scorsa volta, salutandolo come un prequel intelligente di una saga conclusa, ma a (quasi) parità di fattori, il gemellino malvagio – e più riuscito - è proprio questo.
Sorella Cecilia, novizia Usa, arriva a Roma a prendere i voti presso un convento che si occupa di accudire le suore moribonde. Lì conosce il suo referente, padre Tedeschi (Alvaro Morte, il professore di La Casa di Carta) e Suor Gwen, coetanea e scafata (Benedetta Porcaroli). Nonostante lo spaesamento e la difficoltà a parlare italiano, la Cecy si mette di buona lena nell’imparare la sua missione, senonchè…si scopre incinta.
Lei, che è vergine.
Però in convento sono tutti molto contenti, un’Immacolata Concezione è proprio quello che serve alla Chiesa. Ma è tutta opera del Signore, o c’è qualche altra mano? E chi ha detto che era lei la prescelta? Hai mica visto l’arcangelo Gabriele in giro?
Badass film: 89 minuti di film che scorrono lisci ed inquietanti, già dalla sequenza d’apertura (che verrà poi spiegata più avanti) asciugando la storia senza troppi fronzoli e anzi, creando una bella atmosfera grazie anche al divario linguistico; infatti vi consiglio di gustarvelo in lingua originale dove la differenza italiano/inglese è più evidente. Cecilia è straniera (e bona) in un posto straniero, non capisce bene, mastica italiano in modo stentato, e cerca di conciliare i suoi voti con quello che le sta succedendo, ma non capisce neanche bene perché stia capitando a lei. Oltretutto il sentore di bruciaticcio le si palesa presto, ma come fare con quel pancione? Il finale darà una risposta tranchant, ed è il sigillo ad un horror dove fine e principio sono un cerchio.
Immaculate riesce ad essere più netto e inquietante del “fratello” Omen che deve obbedire alle regole di portare il film verso una direzione precisa, con più plot twist e meno morbosità. Qui è tutto sulle spalle nel corpo (e il grembo) di Sydney Sweeney, che riesce ad essere sensuale e acerba allo stesso tempo, col visetto che sembra una dipinto del Quattrocento (e la scena in cui la vestono da Maria è un rimando alle fissità insistenti di certe Madonne, con lei che guarda in camera con l’occhio vacuo da “ma perché proprio io”?), fino alla furenti grida che…no, più che spoiler diventa segreto confessionale.
Insomma, sotto il velo…molto!
Immacolata visione,
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