La Frusta e il Corpo: La Recensione del Film



Regia: Mario Bava


1963: anno di grazia per Mario Bava che sforna ben tre film: l’hitchcockiano La Ragazza che Sapeva Troppo, la summa horror con I Tre Volti della Paura e un gotico che ha due protagonisti; la frusta, impugnata da Christopher Lee e il corpo, bello e fustigato di Dahlia Lavi. Mr Grey? Bitch, please!

Il barone Kurt Menliff (Lee), torna nel castello paterno, ma non è molto ben voluto; aveva sedotto e abbandonato la servetta e questa si era suicidata. Quel che gli interessa è reclamare la sua parte di eredità e riprendere il ménage sadomasochista con la cognata Nevenka (Lavi) a base di belle frustate: “Non sei cambiata…Ti è sempre piaciuta la violenza.” Ghigna Kurt mentre schiocca su e giù per la schiena di Nevenka. E lei incassa tra paura (poca) e compiacimento (tanto).

Il problema è che una notte Kurt si becca una bella pugnalata e muore; nonostante questo la relazione tra lui e Nevenka sembra continuare con truci apparizioni dello spettro, orme di stivali infangate ed echi di frusta…


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Bava dirige un gioellino di Gotico; pochi dialoghi, ma tanta atmosfera grazie alla fotografia di Ubaldo Terzano che ci delizia con una tavolozza fatta di corridoi e cripte blu, spiriti verdastri e rose rosse per raccontare una storia semplice ma morbosa. Secondo alcuni potrebbe essere addirittura un quarto episodi de I tre volti, scartato e ripescato; outtake o meno, è certo che è un film che cammina bene sulle sue gambe.

Per l’anno in cui uscì era piuttosto audace ed esplicito, difatti ebbe qualche problema di censura come il suo “coetaneo” più raffinato Danza Macabra che parlava di lesbismo.




Lee è un ottimo nobile torvo e sadico senza essere draculesco, che passa dall’essere carnefice a vittima in modo credibile; Dahlia Lavi invece fa la Barbara Steele di turno (è stata scelta apposta per la somiglianza), creando un mix di vittima/complice ben felice di essere fustigata dal barone Lee; basta osservare il suo sguardo appannato di piacere prima, e il mix di paura e desiderio dopo la morte di lui.

Bava è stato sempre definito un artigiano, uno umile, ma questo film è uno degli esempi dove non ha nulla ad invidiare ai prodotti di Corman, anzi semmai è Marione Nostro ad essere in debito, tanto per essere chiari. C’è un gusto di morboso che manca agli americani, il sapore del peccato e della colpa.

Assolutamente da vedere. Per chi si lamenta delle scottature del sole, abbiamo la cura che fa per voi. La crema per la bua ve la spalma Mr. Grey. Oh, please.


Buona visione,


Trailer



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