Regia: Warren Kiefer (Lorenzo Sabatini),
Herbert Wise (Luciano Ricci)
Tre giorni fa ci lasciava Donald Sutherland, canadese dagli occhi di ghiaccio e palate di talento. Qui su recensissimo lo salutiamo con un bianco e nero del bis italiano, dove Donald si fa…il tris.
E si porta a casa il nome per il suo primogenito Kiefer. Gustare per credere.
Epoca napoleonica; una compagnia di saltimbanchi specializzata in un numero di finta impiccagione, accetta l’invito a esibirsi al castello di un conte, un tipo allegro col volto di Christopher Lee (con pizzetto e occhiaie) e che di nome fa Dra…go. Conte Drago: che pensavate? Il pallido castellano è anche uno scienziato tassidermista che ha scoperto un siero imbalsamatore istantaneo che non vede l’ora di provare sugli esseri umani, per arricchire la sua collezione…
Donald Sutherland è quasi esordiente, all’interno di un cast divertito e di lusso: oltre al ieratico Lee, c’è pure Philippe Leroy e Ennio Antonelli, futuro caratterista del cinema nostrano.
Come biglietto d’ingresso sul grande schermo, Donald si fa in tre: un paesano, un sergente francese idiota e…en travesti, la vecchia strega che ammonisce i saltimbanchi con la filastrocca: “Dal castello guardarvi dovrete; dei viventi che morti son già / C’è chi salverà e chi perire dovrà.”
La performance della megera è la più gustosa della sua carriera: è riconoscibile eppure credibile e con un piccolo rilievo nella trama.
Prendetevi tutti i ruoli futuri di Sutherland, io mi tengo questo uno e trino. Magari assieme a quell’altra strepitosa di A Venezia…un dicembre rosso shocking!
Il film è un gotico simpatico curato, con un bel bianco e nero fotografato da Aldo Tonti, dove il valore aggiunto la fanno il parco dei mostri del Sacro Bosco dei Bomarzo (sempre suggestivo, puoi girarci anche una vaccata, ma avrà sempre un quid pluris) e il castello di Bracciano.
Un po’ fuori dalle coordinate del genere, a base di cripte e trame torbide, ma con un suo umorismo nero tipico dei cugini inglesi.
La regia è uno di quei casi di presta noni e anglicismi camuffati che si usava all’epoca per avere finanziamenti, ma quel che pare certo è che Warren Kiefer, anche sceneggiatore, realmente esistente venne omaggiato da Donald, che diede il nome al suo primo figlio, Kiefer, assieme ad un discreto talento…Ma questa è un’altra storia.
Ciao Donald, ci vediamo sullo schermo.
Buon recupero,
La performance della megera è la più gustosa della sua carriera: è riconoscibile eppure credibile e con un piccolo rilievo nella trama.
Prendetevi tutti i ruoli futuri di Sutherland, io mi tengo questo uno e trino. Magari assieme a quell’altra strepitosa di A Venezia…un dicembre rosso shocking!
Il film è un gotico simpatico curato, con un bel bianco e nero fotografato da Aldo Tonti, dove il valore aggiunto la fanno il parco dei mostri del Sacro Bosco dei Bomarzo (sempre suggestivo, puoi girarci anche una vaccata, ma avrà sempre un quid pluris) e il castello di Bracciano.
Un po’ fuori dalle coordinate del genere, a base di cripte e trame torbide, ma con un suo umorismo nero tipico dei cugini inglesi.
La regia è uno di quei casi di presta noni e anglicismi camuffati che si usava all’epoca per avere finanziamenti, ma quel che pare certo è che Warren Kiefer, anche sceneggiatore, realmente esistente venne omaggiato da Donald, che diede il nome al suo primo figlio, Kiefer, assieme ad un discreto talento…Ma questa è un’altra storia.
Ciao Donald, ci vediamo sullo schermo.
Buon recupero,
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