La Ragazza Di Bube: Recensione Del Libro



Autore: Carlo Cassola


“La ragazza di Bube” è un romanzo di Carlo Cassola ispirato ad una vicenda realmente accaduta, di cui lo stesso Cassola si interessò direttamente, arrivando perfino ad influire sulla scarcerazione del vero Bube, alias Renato Ciandri.

Con questo romanzo, vincitore del premio strega nel 1960, Cassola decretò il suo successo ma si inimicò anche i maggiori esponenti del realismo italiano di quel periodo, come P.P. Pasolini che durante la premiazione recitò un’orazione, divenuta poi celebre, in cui accusò Cassola di tradimento nei confronti del neorealismo. e P. Togliatti che su 'Rinascita' lo definì "disertore della Resistenza", contestando il suo stile, il suo linguaggio e la sua scrittura.

Anche da Italo Calvino ricevette forti critiche, forse le più aspre poiché giudicò i romanzi di Cassola "sbiaditi come l'acqua della rigovernatura dei piatti, in cui nuota l'unto dei sentimenti ricucinati.

Carlo Cassola ne "La ragazza di Bube", non fa trionfare gli ideali del comunismo, anzi addirittura arriva a criticare i dirigenti del partito, che lasciano il lavoro sporco a ragazzetti come Bube, invasati dalla sete di giustizia e di vendetta e poi lasciati a subirne da soli le conseguenze.

Cassola fa emergere un quadro tutt’altro che esaltante di questo periodo storico e lo fa nel 1960, solo 15 anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, criticando ferocemente gli ideali che costringono chi è rimasto a continuare a perpetuare una cieca vendetta nei confronti dei fascisti.

Bube incarna tutto ciò: è un ex partigiano, un ragazzo orfano di padre e privo di guida, che ha già combattuto per la libertà durante la Resistenza. Eppure, all’indomani della liberazione, incitato dalla gente e dallo status di “vendicatore” che gli hanno affibbiato ( emblematica è la scena del treno e del prete, in cui le donne lo incitano a picchiarlo) continua a sentire la necessità di combattere il nemico, un nemico che di fatto non è più tale, poiché la guerra è finita e molti fascisti sono stati perdonati e reinseriti nella società.

Bube è pronto a tutto pur di difendere i suoi ideali anche a commettere un duplice omicidio, e questo si rivelerà la sua rovina.

Abbandonato dal partito, costretto alla fuga e all’espatrio in Francia e infine al carcere, Bube realizzerà solo alla fine quanto sia stato mal consigliato dai suoi compagni di lotta.

L’unica persona per la quale si sente profondamente in colpa e debitore è Mara: la fidanzata, una ragazza che dovrebbe restare ai margini della Storia, in fondo il libro si intitola “La ragazza di Bube” e non “Il ragazzo di Mara” e che invece è la vera eroina di questo romanzo, l’unica figura che, pur senza avere nessuna responsabilità sull’accaduto, decide di sacrificarsi per non abbandonare Bube a un infelice destino.

Ed è proprio attraverso questa giovane testarda e coraggiosa ragazza che Cassola rende giustizia ad una generazione di giovani idealisti che è stata armata e mandata a morire.

Mara è una ragazza di 16 anni di Monteguidi, piccolo paese della Val d’Elsa, che all’indomani della Liberazione, conosce il partigiano Arturo Cappellini, detto Bube, giovane eroe della Resistenza e amico del fratello Sante, anche lui un partigiano, ucciso dai tedeschi.

Bube si trova con i compagni a San Donato ma scrive assiduamente a Mara che, seppur nutre dei forti dubbi sul ragazzo, è lusingata dalle sue attenzioni ed accetta di considerarsi la sua fidanzata.

Un giorno Bube piomba a casa di Mara e racconta di essere rimasto coinvolto in uno spiacevole evento. Mentre si trovava con due suoi compagni, Ivan e Umberto, in procinto di entrare in chiesa con la ragazza di Umberto e un’ amica di quest’ultima, il prete li fermava impedendogli di entrare. Il pretesto erano i pantaloni corti, ma in realtà il vero motivo era che fossero comunisti.

I ragazzi protestano e di lì a poco interviene anche un maresciallo del posto, con il quale avevano già avuto delle questioni in precedenza. Il maresciallo estrae la pistola ed uccide Umberto. A questo punto i ragazzi uccidono il maresciallo per vendicare il compagno. In quel momento accorre anche il figlio del maresciallo e Bube ritiene necessario estendere la vendetta anche ad esso. Dopo averlo inseguito fino in casa, gli pianta una pallottola in testa.


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Il padre di Mara consiglia a Bube di nascondersi a Volterra e Bube propone di portare Mara con sé per presentarla ufficialmente come sua fidanzata alla madre e alla sorella.

Dopo essere stati a casa di Bube, per evitare ritorsioni alle due donne, i due si nascondono in un granaio nei pressi di Volterra, e qui il loro amore viene consumato e suggellato, in una sorta di matrimonio.

Mara si sente legata più che mai a Bube e decide di aspettarlo anche quando il partito lo costringe a scappare in Francia in attesa di un armistizio che non arriverà mai.

Mara, nel frattempo, straziata dalla nostalgia per Bube, decide di andar via dal suo paesino e prende a lavorare come donna di servizio a Poggibonsi.
Qui conosce Stefano, un ragazzo colto e gentile con il quale si confida e che sente molto affine a ei.

Lui vorrebbe sposarla, ma Mara rifiuta perché il senso di fedeltà e di sacrificio nei confronti di Bube prevalgono sul sentimento per il ragazzo.

Intanto Bube viene espulso dalla Francia e arrestato alla frontiera nel tentativo di tornare in Italia.

Mara si rende conto, durante il processo, che Bube sta pagando le colpe di tutti, anche di chi lo ha imbottito, ancora ragazzo, di dettami di violenza e di risentimento, armandolo di pistola e spingendolo alla vendetta, e vorrebbe testimoniare per lui, raccontare della sua bontà di fondo, ma l’avvocato la dissuade.

Bube viene condannato a 14 anni di carcere e trova solo in Mara la forza di andare avanti e di non lasciarsi morire perché capisce che il partito, i compagni, i dirigenti, tutti in qualche modo sono responsabili di ciò che gli è accaduto.

Tutti lo hanno tradito ed abbandonato al suo destino.

Tutti, tranne Mara.

Mara, da ragazza superficiale e frivola che era, matura proprio grazie alla forza del sentimento per Bube e divenuta ormai donna, decide di aspettare l’amato con animo devoto e risoluto, fiduciosa di poter vantare ancora una discreta giovinezza alla fine della condanna e di poter avere una seconda opportunità di felicità con il ragazzo.




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