Regia: André Øvredal
Premessa: nel romanzo Dracula, il viaggio via mare del Conte è un mini-racconto, narrato dal diario di bordo del capitano, col destino dell’equipaggio già segnato dal nome della nave, Demeter, la dea che scese negli inferi a riprendersi la figlia rapita dal signore dei Morti. Stoker non ha lasciato niente al caso, difatti, l’altra nave del romanzo è la Czarina Caterina, l’imperatrice russa considerata immorale e dissoluta ai tempi vittoriani che furono. Un episodio quasi giallo, raccontato con piglio marinaro – legalese, che negli adattamenti su schermo viene spesso ridimensionato o saltato a piè pari, ma la materia offre spunto per una pellicola, vuoi mica buttare via quella polpa di soggetto?
A me sinceramente la parte sul Demeter non ha mai fatto impazzire, questione di gusti, ma la lettura di Gatiss & Moffat ha dimostrato che la stoffa c’era, quindi perché non fare lo stesso su grande schermo? In origine avrebbe dovuto dirigerlo Neil Marshall, uno che di assedi e tensioni fra personaggi se ne intende. Se non lo conoscete, filate subito a vedervi Dog Soldiers e The Descent, e ne riparliamo. Ma il nostro ha abbandonato la nave al suo limbo produttivo, e il timone è passata a André Øvredal.
Porto di Varna: Sulla Demeter cinquanta casse di terra devono essere imbarcate per Londra, serve dell’equipaggio che carichi e scarichi e s’imbarchi. Fra rudi e vili rumeni riesce a salire Clemens, un medico nero e laureato a Cambridge, e già si storce il naso ma vabbè. Quando però durante il viaggio si rompe e una cassa e dentro viene trovata una donna mezza dissanguata (il Kinder Bueno di Dracula, insomma) cominciano i casini: già avere una donna a bordo è sinonimo di anatrema su di voi (cit), in più ogni notte cominciano a sparire membri della ciurma…
Dal punto della messa in scena Demeter funziona. E’ fatto davvero bene; percepiamo l’odore del legno, del mare, della muffa nella stiva. Dracula è centellinato, il che è un bene, il look è quello da pipistellone demoniaco, mezzo insetto, mezzo Nosferatu, brutto, viscido e cattivo. Il capitano è Liam Cunningham, perfetto nel ruolo oltre che volto noto per Game of Thrones.
Vanno bene anche le figure del nipotino del capitano e di Anna (il Kinder Bueno), assenti nel libro, d’accordo regalare e adattare il canovaccio alle nuove quote, ma quello che non funziona è la trama. A parte il personaggio di Clemens infilato a forza in quel modo, per seguire l’andazzo originale (tradendolo alla fine con una bella sequenza, concediamolo, per aprire lo spioncino ad un sequel che non arriverà, visti i modesti incassi) s’imbastisce tutta una serie di personaggi extra che fanno cose incongruenti oppure a metà, che anche lo spettatore più addormentato si chiede perché.
Vanno bene anche le figure del nipotino del capitano e di Anna (il Kinder Bueno), assenti nel libro, d’accordo regalare e adattare il canovaccio alle nuove quote, ma quello che non funziona è la trama. A parte il personaggio di Clemens infilato a forza in quel modo, per seguire l’andazzo originale (tradendolo alla fine con una bella sequenza, concediamolo, per aprire lo spioncino ad un sequel che non arriverà, visti i modesti incassi) s’imbastisce tutta una serie di personaggi extra che fanno cose incongruenti oppure a metà, che anche lo spettatore più addormentato si chiede perché.
Mezz’ora di meno di durata (quasi due ore, ma sappiamo che il trend è quello), più coerenza narrativa ed il film sarebbe arrivato in porto sano e salvo. Così com’è naufraga come la nave eponima, ed è un peccato perché il materiale di costruzione era solido…Anzi, titanico.
Buon voyage, mandateci una cartolina.
Buon voyage, mandateci una cartolina.
(Enrico Corso autore dei libri La Scala Di Vetro e Nero Come L'Arancio)
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