Regia: Terence Fisher
Alison: “Wow! Vuoi dire che ti occupi di fantasmi, vampiri e tutte cose lì? Come Peter Cushing in Dracula risorge dalla tomba?...” (Sic, in realtà non c’è. nda)
Dylan Dog: “…Come Peter Cushing e anche meglio di Peter Cushing. A volte persino meglio di Christopher Lee..."
Alison: “…Ma Christopher Lee è un vampiro…”
DYD: “Non è esatto. In The Devil Rides Out per esempio combatte contro una setta satanica e nell’Ululato 2 fa fuori un mucchio di uomini lupo…”
Dylan Dog – Martin Mystere: Ultima fermata l’incubo.
L’equazione Christopher Lee = Cattivissimo Lui conosce delle variabili, perché il nostro, dove ha potuto ha cercato di passare tra le file del Bene: è stato Sherlock Holmes (ma anche il fratello Mycroft in quella perla da riscoprire che è La Vita privata di Sherlock Holmes), avrebbe voluto impersonare Galdalf nella trilogia del Signore degli Anelli, ma fu considerato troppo vecchio per la parte, quindi toh, ci avanza Saruman che è il cattivo, che dici? E poi, come ci ricorda Dylan Dog, è stato un cacciatore di satanisti e di uomini lupo. Mentre di quest’ultima ciofeca preferirei non dire, passiamo a quello che è oggettivamente la Hammer nel massimo della propria Golden Age: The Devil rides out, che i distributori americani pensarono fosse un western, tanto da cambiare il titolo in The Devil’s Bride.
Nei primi anni Sessanta, Christopher Lee conosce lo scrittore Dennis Wheatley, e fa opzionare alla Hammer i diritti di suoi tre romanzi, tutti sullo stesso argomento: Lu Dimonio e la realtà delle sette sataniche. Perché vanno bene Dracula e Frankenstein e tutti i mostri vittoriani, però allarghiamo gli orizzonti agli spettatori con qualcosa di più soprannaturale, più urbano meno baracconesco. Stando a chi ha letto i suoi romanzi, Wheatley è uno scrittore dalla prosa “swampy , ovvero annega l’azione in mille passaggi descrittivi, persino Anthony Hinds lo descrive “pretty boring”, magari dopo essersi addormentato a pagina quattro.
Per fortuna viene chiamato a sceneggiare uno che sa come maneggiare i mattoni, eliminando le cianfrusaglie, tale Richard Matheson, potreste averne sentito parlare; altrimenti siete capitati su questa pagina per sbaglio, non ho altra spiegazione. Lo stesso Matheson sa cosa vuol dire vedere adattate le proprie creature su grande schermo, così asciuga la storia seguendo il principio dello “Show, don’t tell” in modo da eliminare i vari blabla che appesantivano il libro, che che la regia di Fisher, ormai collaudato sfrutta al meglio col suo linguaggio elegante.
Inghilterra rurale. Il duc du Richeleu (Lee) e il suo amico Rex sono preoccupati per il protetto di quest’ultimo, Simon. E fanno bene ad esserlo, perché il ragazzo è finito dentro una setta satanica, capeggiato da Mocata (Charles Gray). I nostri riescono a sottrarre lui e un’altra adepta, Tanith, ma la vendetta di Mocata si scatena, cercando d prima di ribattezzare i due al Diavolo, poi scatenando le i poteri delle tenebre contro il gruppo di eroi…
Avvertenza: va cercato in lingua originale, perché da noi non è mai uscito, vai a capire perché. Blasfemia? Sorpasso da Rosemary’s Baby?
Sul primo punto non credo, la stessa Hammer ha dovuto stare attenta alla censura britannica che non voleva blasfemie o parodie delle messe cristiane. Il film comunque merita: avventuroso, ritmato, un duello di parti, dove finalmente (soprattutto per lui) vediamo Lee nella parte del buono esperto dell’occulto, (anche se provarono a offrirgli la parte di Mocata) con pizzetto e baffetti, nobile corrucciato, severo, capace di sorridere senza dover mostrare canini: insomma Lee al naturale, uno 007 del soprannaturale, tanto è vero che Mocata sembra un villain bondiano, inarrestabile, malefico e sì, luciferino, capace tanto di plagiare le menti quanto di sacrifici umani. Ironia della sorte, Charles Gray, interpreterà proprio Blofeld, in nemico n.1 di Bond, tre anni dopo.
Fisher si diceva, qui dà il meglio: elegante ma semplice, sul ritmo e azione regge la prova del tempo, sugli effetti speciali un po’ meno, a partire dal caprone satanico nella messa nera o nei tre assalti delle tenebre. Suggestivi sulla carta, un po’ meno sullo schermo, anche se l’Angelo della Morte riesce lo stesso ad essere inquietate.
Vale la pena riscoprirlo, dei tre romanzi di Wheatley sarà quello con più fortuna. Una figlia per il Diavolo, arriverà quasi al capolinea della casa inglese, e il terzo si perderà nel limbo dei progetti abortiti, e non per lo zampino del diavolo, bensì dalle zampate dei creditori.
Lo zolfo e le corna abitano qui, con buona pace dei western.
Qui il film
Buona visione,
Sul primo punto non credo, la stessa Hammer ha dovuto stare attenta alla censura britannica che non voleva blasfemie o parodie delle messe cristiane. Il film comunque merita: avventuroso, ritmato, un duello di parti, dove finalmente (soprattutto per lui) vediamo Lee nella parte del buono esperto dell’occulto, (anche se provarono a offrirgli la parte di Mocata) con pizzetto e baffetti, nobile corrucciato, severo, capace di sorridere senza dover mostrare canini: insomma Lee al naturale, uno 007 del soprannaturale, tanto è vero che Mocata sembra un villain bondiano, inarrestabile, malefico e sì, luciferino, capace tanto di plagiare le menti quanto di sacrifici umani. Ironia della sorte, Charles Gray, interpreterà proprio Blofeld, in nemico n.1 di Bond, tre anni dopo.
Fisher si diceva, qui dà il meglio: elegante ma semplice, sul ritmo e azione regge la prova del tempo, sugli effetti speciali un po’ meno, a partire dal caprone satanico nella messa nera o nei tre assalti delle tenebre. Suggestivi sulla carta, un po’ meno sullo schermo, anche se l’Angelo della Morte riesce lo stesso ad essere inquietate.
Vale la pena riscoprirlo, dei tre romanzi di Wheatley sarà quello con più fortuna. Una figlia per il Diavolo, arriverà quasi al capolinea della casa inglese, e il terzo si perderà nel limbo dei progetti abortiti, e non per lo zampino del diavolo, bensì dalle zampate dei creditori.
Lo zolfo e le corna abitano qui, con buona pace dei western.
Qui il film
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