Ideatore: Bill Lawrence e Jason Sudeikis
Trama
Dopo la rinnovata promozione in Premier League della squadra del Richmond AFC, Ted Lasso deve fare i conti con i suoi principali avversari, ora guidati dal "traditore" Nathan: la squadra West Ham.
Il Richmond è ancora instabile ma saranno le esperienze personali, lo spirito del gioco di squadra e soprattutto il vero motto di Ted, "Believe", a spostare l'ago della bilancia.
Recensione
Giunge al termine la serie sul calcio che non parla di calcio: Ted Lasso ha reso originale il banale, è stata intima e riflessiva, e arriva oggi alla sua conclusione, con rinnovata maturità. Una terza stagione un po’ più blanda rispetto alle precedenti, poche scene memorabili, poche sorprese narrative, una storia piuttosto prevedibile dall’inizio alla fine, ma che approfondisce i concetti da sempre ribaditi sulla competizione e il valore dello sport al di là delle vittorie, dei soldi e della gloria personale.
L’ultimo capitolo punta il dito su ciò che rappresenta il calcio europeo e il calciomercato, che fin troppo spesso si dimentica del valore dei singoli giocatori, mirando più al raggiungimento di uno status, più che al rafforzamento di una squadra nel suo insieme. Come nelle precedenti stagioni, ma qui in modo più mirato, si fa sentire l’atto di accusa verso uno sport e una tifoseria condizionati dal fattore economico e quasi completamente staccati dal sistema puramente agonistico.
Una stagione sulla competizione che non dimentica mai i suoi personaggi, vero fulcro della serie, che diventa più corale rispetto alle stagioni precedenti. Il protagonista Ted cede il passo ai personaggi secondari, ognuno con la propria storia e i propri demoni da combattere: che sia la condizione di un giocatore omosessuale, o le aspirazioni di un calciatore nigeriano o il divario di genere in un sistema ancora fortemente maschilista. Messaggi che potrebbero cadere facilmente nella retorica, ma che grazie all’ironia ben dosata e collaudata, riescono a essere presenti, mescolati ad altre storie, conflitti competizioni, senza risultare eccessivamente mielosi.
In quest’ultima stagione c’è il tempo del perdono, quello dell’amicizia e dell’amore, ma soprattutto viene ribaltato il concetto di competizione, di vinto e vincitore, sia nel calcio, ma soprattutto, nella vita
Ed è proprio ricomponendo quel messaggio stappato nel finale che se ne capisce veramente il senso: crederci, credere in sé ma soprattutto negli altri, solo così un gruppo di persone può essere veramente una “squadra” e ritrovare il piacere di condividere un gioco e non una vittoria.
Buona visione,
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