Regia: Antonio Margheriti
Un titolo di lavorazione pindarico, ma che calza di più di quello definitivo, per il remake dichiarato di Danza Macabra. Che poi, l’avevo liquidato con due righine nella recensione apposita: “Ah, poi c’è il remake diretto sempre da Margheriti, arrivederci e grazie”, però per amore di completezza facciamo un giro di valzer sul carillon dei fantasmi sotto la luce impietosa del giorno e vediamo cosa non torna.
Ci ricordiamo la trama? Il giornalista Alan Foster intervista Edgar Allan Poe per sapere dove prenda ispirazione per i suoi racconti. Lo scrittore però afferma di essere solo un cronista, di fatti veri. Partirà la scommessa: Alan dovrà passare una notte nella villa, dove rivivrà il macabro girotondo delle anime e dell’amore con Elizabeth…
Danza Macabra era stato un buon successo, così il produttore Giovanni Addessi, che con Margheriti ha fatto anche quella perla di horror travestito da western di E Dio Disse a Caino, dopo otto anni propone allo stesso regista di farne una fotocopia a colori, tempi stretti, stessa sceneggiatura e mi raccomando, stessi risultati, eh?
Guardare Nella Stretta Morsa del Ragno, dopo aver visto Danza Macabra è come svegliarsi la mattina dopo un party meraviglioso e scoprire i danni che può fare il mascara ad una donna. Oltre a trovarti i vestiti impestati di fumo, il salotto che sembra ripassato dai bersaglieri all’attacco, oltre al vomitino di solidarietà del gatto sul tappeto. L’alba è uguale per tutti.
Le cose con cui il remake perde 2 a 0 sono:
Il colore. La fotografia sleazy e terrosa degli anni ’70 mostra tutti i limiti. Non si batte il bianco e nero che rende l’originale una stupenda favola onirica di cui vi ho già parlato, se volete cliccate sulla rece più su.
Barbara Steele. Michèle Mercier col suo parruccone biondo – stando a Margheriti si presentò sul set con ‘sto coso e nessuno riuscì a levarglielo - non può competere. So hopeless even to try.
Ma lei non mi dà così fastidio, perché, mi è sempre stato di più sulle palle l’Alan Foster di Anthony Franciosa, con le sue risate da mentecatto; sarà perché mi sembra lo stesso (insopportabile) personaggio in Tenebre del Darione? Oppure è proprio la sua faccia? Il risultato con cambia.
Piatta fotocopia, senza appello? In realtà degno di nota c’è quel gaglioffo di Klaus Kinski ni panni di Edgar Allan Poe che nel prologo recita Berenice, aggirandosi fra le tombe col suo sguardo allucinato e che ubriaca solo a guardarlo.
Se non avete visto Danza Macabra, un occhio alla fotocopia potete buttarla, è pure sempre diretto da Margheriti. Altrimenti è inutile, perché parafrasando il buon Kinski/Poe: “Nel bianco e nero conoscerete la verità”.
Buona visione,
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