Regia: Byun Sung-hyun
Di notte, è una letale e prezzolata sicaria che padroneggia qualsiasi arma. Di giorno, una madre single alle prese con una lotta ancora peggiore: sua figlia adolescente.
Mi è bastato leggere la trama, per fiondarmi sulla piattaforma della Grande Enne Rossa e farmi un’abbuffata di due ore con questo take-away-film sudcoreano. C’era il rischio che potesse essere una “tavanata galattica” oppure un prodotto da manga, ma sono felice di essere stato smentito.
Gil Bok-soon è un’assassina molto abile che lavora per la MK eventi, una ditta che si occupa di “show” (come li chiamano loro) a pagamento. In pratica un’agenzia di sicari, sotto la rigida guida del presidente Min-Kyu Cha, che però ha un occhio di riguardo per lei. Gil, infatti, aspetta che il suo contratto scada, per potersi dedicare ad una missione quasi suicida: occuparsi della figlia Gil Jae-yeong, adolescente, che ovviamente è ombrosa, scontrosa e con nascosti gusti saffici. Un conto è fare le mamme fighe e accendersi la prima sigaretta insieme, un altro è rivelarsi per ciò che si è davvero…
Come certe pietanze coreane, Boksoon è un insieme di sapori: thriller, action, dramma, tutti ben dosati.
Alga Tarantino? Un po’ nella sequenza iniziale con lo scontro fra Gil e un boss della Yakuza, facente funzione di introdurre il personaggio e il suo mondo letale. Salsa action sparatutto uno vs. dieci à là John Wick? È uno degli ingredienti principali, che spezia il piatto con belle coreografie, ma soprattutto offre il gancio all’idea che ho apprezzato davvero: Boksoon riesce a “calcolare” gli attacchi dei suoi avversari, come fossero mosse degli scacchi, piccoli minifilm, dove ogni scelta sbagliata la porta a morire o ad un esito negativo. Un trucchetto stile Inception, il sogno dentro il sogno che però mi ha fregato un paio di volte.
Ma la portata principale, il vero cuore pulsante del film o meglio il triangolo di rapporti interpersonali tra i protagonisti, vere proprie armi da taglio: quelle in bilico tra Gil e sua figlia fatto di sofismi, silenzi e ripicche: tu non mi parli di te, ma neanche io ti dico molto di me, perché vorrei ma non posso. Quelle spuntate fra Min-Kyu e Gil, basato sull’ammirazione/attrazione – soprattutto di lui - spiegate in un flashback che riassume tutto con pochi dialoghi e…il sorriso della giovane Gil. Infine, quelle affilate della gelosia da casus belli alla minima occasione tra Gil e Cha Min-Hee, la sorellina gelosa e insofferente di Min-Kyu, che vorrebbe Bok-soon più secca di uno stoccafisso accomodato. E se vi è mai capitato di assistere a faide tra ragazze che provano una minima antipatia, sapete di che parlo.
Leggo che la protagonista Jeon Do- Yeon (Gil), in patria è una nota attrice di film drammatici, che ha debuttato nel genere action noir proprio con questo film. Il risultato è notevole, la bravura pure.
Adesso, aspettiamo anche qui da noi che Paola Cortellesi imbracci una semiautomatica mentre affonda una stilettata di tacco 12 nella gola di Neri Marcorè, sotto lo sguardo sfingeo del boss rivale Ricky Memphis. Se l’idea vi garba, vi giro il mio IBAN.
Buona visione,
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