Regia: Bong Joon-ho
Ben prima del pluripremiato Parasite, e di altri lavori che lo hanno visto al timone negli anni precedenti, nel 2006 Bong Joon-ho dirigeva The Host, film che già racchiudeva molte delle tematiche che diventeranno poi tipiche del suo cinema.
Una pellicola che segue cronologicamente Memorie di un Assassino (arrivato però da noi solo molto tempo dopo) e che lancia definitivamente la carriera di Bong, grazie anche ad un ottimo risultato agli incassi.
Brevemente la trama. A Seoul, dopo che anni prima erano stati gettati negli scarichi di un obitorio svariati litri di formaldeide, un mostro inizia a fare capolino dal fiume. Ben presto la bestia inizia a fare vittime, mentre le vite di molte famiglie cominciano ad essere in pericolo e ad intrecciarsi nelle caotiche fasi in cui si tenta di arginare la situazione e catturare il mostro.
Quando si parla di film orientali, di norma resto sempre più interessato al genere splatter estremo demenziale, in cui ritengo i giappi assoluti maestri, ma la trama di The Host aveva in ogni caso catturato la mia attenzione, pur sapendo che lo stile di Bong non avrebbe avuto nulla a che fare con quello di Iguchi & Company.
Il film può essere considerato un grande mix di generi, spaziando dall’azione al drammatico, e dal classico monster movie all’horror vero e proprio. Il rischio che si corre in questi casi, quando i famosi piedi tendono a rincorrere svariate scarpe, è sempre quello di non riuscire a calzarne perfettamente neanche una, lasciando quindi sia un po’ di amaro in bocca che lo spettatore lievemente confuso. E pure qui in effetti, nonostante Bong riesca a districarsi piuttosto dignitosamente tra le varie situazioni create, a volte si ha la sensazione che non sempre l’obiettivo su quale sia la via maestra della pellicola sia stato perfettamente centrato.
I temi portanti invece sono piuttosto chiari e vengono sviscerati senza troppi fraintendimenti. Tutto ruota intorno a inquinamento, attenzione alle questioni ambientali, virus e reazioni incontrollate ad esso (vi viene in mente qualcosa, tra mascherine, sanificazioni delle strade ed isteria di massa?), congetture sul governo, gestione delle emergenze, povertà e marcata distinzione tra le classi sociali, giusto per citare i più evidenti (molti dei quali, come già accennavo, ritroveremo poi anche nei successivi lavori).
Il mostro, grande catalizzatore di tutti gli eventi che avvengono, è sicuramente ben realizzato, si muove in maniera agile e se ne sbatte dei convenevoli, giungendo così di botto in pieno giorno, senza bisogno di nascondersi durante la notte. La sua entrata in scena resta sicuramente uno dei momenti migliori del film, che però ad un certo punto tende a diventare una “semplice” caccia al mostro e conseguente ricerca della ragazza, rendendosi un filo noioso (complice la lunghezza della parte centrale) e macchiandosi di alcuni siparietti comici a mio avviso un tantino fuori luogo. In aggiunta a ciò mi sento di segnalare pure alcune situazioni troppo grottesche, se rapportate alla tipologia di lavoro di cui stiamo parlando, e altre un pelo forzate e difficilmente credibili.
Nonostante questi piccoli deterrenti, The Host resta comunque un prodotto degno di nota, grazie anche ad una buona prestazione da parte della bambina, capace di regalarci alcune memorabili espressioni nelle fogne, e di Song Kang-ho, che diventerà poi una sorta di feticcio per Bong, apparendo in moltissime delle sue pellicole.
Il finale amaro, ma assolutamente tipico dello stile orientale, ci sta e piace anche in virtù di suggestive musiche che accompagnano la battaglia conclusiva e che mi fanno consigliare il film a tutti gli appassionati del cinema di Bong e del cinema orientale in generale.
Giudizio complessivo: 7+
Enjoy,
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