The Cleaning Lady: La Recensione del Film



Regia: Jon Knautz


Dunque, nel corso della propria vita, per una ragione o per l’altra, è molto probabile cedere alla tentazione di assumere una donna (o uomo, sia mai che poi mi accusano di sessismo) che venga a casa a vostra a fare pulizie e sistemare casa.

Beh, il film The Cleaning Lady dovrebbe servire come avvertimento sul controllare in maniera piuttosto dettagliata il curriculum e la vita personale della persona a cui state affidando il lavoro.

Il film esce nel 2018 e vede in cabina di regia tale Jon Knautz, di cui non ho visto nulla, anche perché al suo attivo effettivamente non c’è molto. Prendendo quindi spunto da un suo cortometraggio dall’omonimo titolo, il regista decide di ampliare questa storia, portando su schermo un prodotto non perfetto, ma che rivela spunti interessanti e alcuni guizzi meritevoli.


Brevemente la trama. Alice, donna in carriera alle prese con una relazione complicata, decide che è arrivato il momento di assumere una persona che sbrighi le faccende domestiche e le faccia un po’ di compagnia. La scelta cade su Shelly, ragazza profondamente sfigurata e con un passato talmente ingombrante che faticherà a restare in secondo piano.

Già dall’inizio intuiamo subito che la storia non sarà delle più romantiche. Un bel frullato di ratti non è cosa da tutti i giorni (almeno spero per voi 🤣) e ci mette di fronte il lato più sporco, oscuro e marcio di questa storia che, almeno nelle prime fasi dopo l’assunzione, sembrava quasi indirizzarci verso una tenera, seppur complicata, amicizia, salvo poi degenerare col passare del tempo, come d’altronde era lecito attendersi.


La figura chiave è chiaramente Shelly, personaggio decisamente interessante che sin dalle prime inquadrature lascia intravedere un buon potenziale e che mantiene in seguito quanto di buon promesso. Merito di una Rachel Alig, irriconoscibile se la si guarda “al naturale”, che si cala molto bene nella parte; una parte che tra l’altro mi pare sia praticamente l’unica, dato che non riesco a ritrovarla altrove.

Il rapporto che si viene a creare tra le due, una abituata a splendere alla luce del sole e l’altra a nascondersi nell’ombra, è quanto mai curioso, e mette in risalto un gioco degli opposti che genera curiosità ed interesse. Un po’ sdoganato invece il concetto della terribile infanzia del personaggio che poi si ripercuote sulla vita futura, ma comunque funzionale allo sviluppo della vicenda.

Il film di fatto si compone poi di una lunga fase introduttiva, in cui ci si concentra sulle due protagoniste senza tuttavia entrare in maniera totale all’interno delle dinamiche createsi, e una seconda in cui si sviluppa maggiormente la componente horrorifica. Qui troviamo un paio di situazioni in cui il jump scare è dietro l’angolo, grazie alle fugaci apparizioni della tenera Shelly, e alcune scene ben confezionate, tipo quando sempre lei attacca la madre al muro o mentre applica il trattamento con l’acido al tipo.


Il trucco, in particolare quello su Shelly, è davvero ben realizzato e riesce a renderla assolutamente inquietante (vedi per esempio ultimissima immagine), la vicenda parallela del container, apparentemente fuori contesto all’inizio, trova compimento nel finale e quindi ci sta, ma nel complesso resta la sensazione che forse si potesse spingere un po’ di più. E ciò vale sia per l’approfondimento del rapporto delle due donne, che per la componente horror, entrambe un po’ troppo trattenute.

Ma nel complesso il film si lascia guardare, nonostante un finale che ancora oggi non riesco a decidere se mi ha convinto del tutto oppure no. Ma solo il fatto che mi faccia pensare così a lungo certifica la non banalità del prodotto, che mi sento di consigliare.

Giudizio complessivo: 7

Enjoy,



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