Regia: Mark Mylod
Ci troviamo di fronte a mio parere a uno dei migliori film dell’anno, film profondo che vuole fare riflettere e che ci riesce egregiamente con i temi sociali trattati che spaziano dalla filosofia, alla cieca fedeltà verso una dottrina ,finendo per interrogarsi sulle classi sociali e sullo scopo degli individui.
Temi giganteschi per un film progettato bene, che si lascia capire anche con parabole per pochi, e che con le immagini dà un significato metaforico aperto a tutti. Come l’elite che gusta il cibo del ristorante sull’isola, per pochi appunto, da punire per lo scempio che hanno portato nel mondo e nelle persone, coi loro modi di comportarsi e senza assaporare il vero gusto della vita, una vita libera tanto agognata dallo chef protagonista.
La trama ci racconta di una giovane coppia (Anya Taylor Joy, Nicholas Hoult) che aspetta di salire su un traghetto, destinazione un’isola, dove uno chef acclamato (Ralph Fiennes) ha preparato un menù degustazione. Con la coppia ci sono anche altri paganti tra cui attori, critici e benestanti. Tutto prende una svolta inquietante man mano che le portate vanno avanti e quando un sottoposto della brigata di cucina si fa fuori davanti i commensali, che non capiscono se è tutta una trovata o se è tutto vero.
Il prodotto che ci troviamo davanti è un menu, nel senso proprio del termine; nel film si susseguono le varie portate creando in noi che guardiamo un’inquietudine sempre maggiore, dall’antipasto al dolce, la tensione sarà palpabile e con un’escalation di mistero che ci porterà a domandarci di tutto, sempre restando attenti ai temi reali del film. In primis l’arte come motivo di bello, ma anche di giusto in una visione platonica che sfocia presto nello spirituale scena dopo scena. Si parla di arte e di creatività con molteplici sottotesti, si parla dei gusti dei consumatori sempre più abituati alle novità da non riuscire più ad assaporare i piaceri della vita. Troviamo come metafora di ciò la cucina moderna; varie portate, complesse, sofisticate, piene di gusto, ma che hanno perso il loro senso di primaria importanza, nutrire. I commensali invece ci appaiono come coloro che hanno permesso che ciò prendesse piede; abituati al palato fino, si sono dimenticati della vera importanza delle cose e del gusto primordiale anche della stessa libertà.
Giocando con l’escamotage delle classi sociali, il film vuole parlarci di altro, della creatività, dell’arte e dell’abbandonarsi alle mode correnti, di come questa nuova arte contemporanea (in tutti i campi) sia fasulla e per pochi, di come divide non tanto in classi ma in due filoni, tra chi sta vivendo facendo arte e chi la riceve e la vive criticandola non facendo nulla, anche se le due categorie sono legate a doppio filo verso un’unica direzione, la morte. La morte come rinascita, la punizione come purificazione.
Interessante la trovata, notata solo da pochi, ai riferimenti biblici; il boss dell’isola (l’angelo caduto), il pane che manca in tavola (Gesù), lo stesso chef che si innalza a Dio e alla decisione di chi vive e chi muore, e troviamo pure Noè (alla fine).
Ottimo film, tra i migliori di quest’anno, da vedere.
Giudizio complessivo: 8+
Buona visione,
E chissà che ne penserà Cracco...
RispondiEliminaDavvero un buon film!
Eheh Cracco ce lo avrei visto bene nella parte dello chef 😎. Concordo cmq, bel film davvero 👍.
Elimina