Regia: Mel Gibson
“SOFFERENZA’”
Dopo molti anni dall’ultima regia, Mel Gibson torna dietro la macchina da presa per dirigere un film destinato a far discutere la critica.
La Passione di Cristo è il frutto di un lungo lavoro che vede coinvolte anche diverse personalità religiose pronte a consigliare il regista ed aiutare il resto degli operosi collaboratori del regista.
Il film ripercorre gli ultimi momenti della vita di Gesù ed il regista sceglie di trasporre su schermo la sofferenza di Cristo, questo lo si nota in ogni inquadratura di questo lungometraggio. Il peso del dolore si fa largo in tutta la pellicola, riprodotto mediante la violenza fisica ed il dolore dell’anima.
Una delle scelte più interessanti che compie il regista è quella di rappresentare Cristo come un uomo travolto dal dolore, difatti ci appare debole e raramente circondato da quell’alone divino che forse in molti si sarebbero aspettati. Il realismo di Mel Gibson si sposa divinamente con la crudezza degli effetti visivi che sottolineano la scelta di rendere questo film difficile da seguire senza percepire disagio.
Non è un film fatto per essere apprezzato solo da persone credenti, può far riflettere chiunque visto che affronta un tema importante quale quello del sacrificio. Logico che, essendo io profondamente credente ed ancorato alla tradizione culturale cristiana, cercherò di fornirvi uno spunto riflessivo che tiene conto della mia fede. Ho scelto di fare tutto ciò aggrappandomi alla mia esperienza personale con questa pellicola ed al senso di sgomento che ho provato. Difatti, si tratta di un film che riscopro volentieri in momenti di riflessione spirituale.
Jim Caviezel, qui chiamato ad interpretare proprio Gesù, svolge un lavoro incredibile prestando un volto intriso di sangue e sudore. Il dolore, la sofferenza, del protagonista sono elementi chiave nel film.
Mel Gibson opta per una scelta particolare, ovvero quella di far cadere Cristo più di tre volte sotto il peso della Croce. Questa scelta marca ancora una volta il gravoso peso che Cristo porta sulle spalle: una Croce simbolica che in realtà vuole anche ritrarre il peccato ed il senso del sacrificio che egli è pronto a compiere. Maia Morgensten, che presta il volto a Maria, appare come una figura dolce, pacata e mai in preda alla disperazione. Certo, la vediamo alla prova in diversi momenti, ma riesce sempre a mantenere un’aura di sacralità. In particolare, nella scena della crocifissione, l’attrice riesce a ricreare uno sguardo che è a metà tra lo smarrimento ed il dolore, tuttavia mantiene un’incredibile posatezza.
La raffigurazione del male, incarnato da Satana (Rosalinda Celentano) è, a mio avviso, una delle più riuscite nella storia del cinema. Il demonio non appare esteticamente seducente, ma le smorfie ed i dialoghi affidati all’attrice catturano le attenzioni dello spettatore rendendo accattivante la sua figura. Curioso che non viene mostrata violenza da parte di Satana, ma la scelta è ponderata in quanto si preferisce evidenziare l’astuzia e l’attesa del male, pronto a gioire della morte di Gesù in una scena angosciante. L’angoscia, appunto, dirompe nel film, in particolare anche nella scena della fustigazione.
Dal punto di vista tecnico il film è ottimo: la ricerca della ricostruzione storica è efficace, sia per quanto riguarda la scenografia che per la parte relativa ai costumi. Mel Gibson utilizza due lingue, l’aramaico ed il latino che donano al film un imprescindibile aurea di rispetto, dato appunto da due lingue lontane dal nostro uso comune e che incuriosiscono lo spettatore.
La colonna sonora di John Debney è una partitura lontana dalla tradizione occidentale, tuttavia, la scelta di utilizzare dei suoni orientali ed antichi si rivela efficace donando al film quella patina arcaica degna di accompagnare delle sequenze dal forte impatto emotivo. Musicalmente parlando, ma non solo, la scena migliore è quella della crocifissione, dove le percussioni scandiscono il ritmo della scena nel quale il resto degli strumenti di unificano in un crescendo che raffigura perfettamente il crescendo del dolore di Cristo fino alla sua espiazione dei peccati che porta come greve macigno.
Alla fine, nel momento della morte di Gesù, ecco che Mel Gibson sorprende e commuove lo spettatore ancora una volta, facendo piangere il cielo, ricreando un effetto per il quale sembra che Dio stesso pianga la morte di suo figlio. Ed è così che una goccia fugge dal cielo e si scaraventa sulla terra, e, nel momento in cui essa tocca il terreno, tutto lo schermo viene pervaso dal senso di distruzione e dolore.
Da molti La Passione di Cristo viene considerato un film eccessivo, più concentrato sull’estetica che sul significato. Non finirò mai di difendere a spada tratta un grande film, tecnicamente degno del nome del suo regista e rappresentante la sofferenza in modo superbo.
Buona visione,
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