Regia: Jesus Garces Lambert
E chi, come il sottoscritto, ha seguito le sue gesta fino a quell’ultima partita con cui si è congedato dallo sport che gli ha dato tutto, non può essere rimasto insensibile dinanzi alla sua perdita, una perdita che ancora oggi per me è assai difficile da accettare.
Per cui, una volta saputo dell’uscita su Amazon Prime Video di Kobe – Una Storia Italiana, non ho potuto che abbandonare ciò che stavo facendo e vedere immediatamente questo documentario, in cui viene ripercorsa quella fase della sua vita in cui, al seguito del proprio padre, si è trovato a vivere in Italia, tra Rieti, Reggio Calabria, Reggio Emilia e Pistoia.
Allora già dalle prime battute il rischio lacrime è altissimo, è inevitabile, perché vedere Kobe che parla un ottimo italiano e afferma che "La lasagna non è male" non fa che avvicinarlo ancora di più a noi, lasciandoci per altro intendere che pure in fatto di cibo se ne capiva abbastanza. E se siete riusciti a trattenerle all’inizio, diventerà pressoché impossibile farlo nel proseguo, quando i ricordi più personali delle persone che gli sono state vicine durante il soggiorno qui da noi si fanno strada all’interno del documentario, restituendoci - anche se per poco più di un’ora – non solo un grande sportivo, ma anche un gran personaggio a 360°.
I ricordi di Kobe vengono via via snocciolati attraverso una serie di interviste che coinvolgono sia sportivi (Gallinari, Belinelli, Ettore Messina e Gregorio Paltrinieri tra gli altri), che persone comuni quali allenatori, addetti ai lavori che sono venuti a contatto col ragazzo, giornalisti, insegnati, baby sitter e amici di infanzia.
I filmati e le foto dell’epoca (incredibile quanti ce ne sono, nonostante si parli di svariati anni fa e gli smartphone ancora erano sconosciuti) sono intervallati a brevi ricostruzioni con attori scelti per l’occasione e fanno emergere la sua tenacia, determinazione, e soprattutto la voglia di emergere e di primeggiare (cosa che direi gli è riuscita piuttosto bene). Ma si evidenzia anche il grande sacrificio che tutto ciò gli è costato e a tal proposito ho trovato molto interessante il passaggio con l’amica psicologa che, durante un incontro avvenuto in Italia, gli chiese se era realmente felice. La sua risposta dubbiosa, ma certa nel confermare che quando entra in campo sa che è proprio quello che deve fare, non fa che confermare quanto appena detto.
Ma oltre alla sua dedizione per lo sport, il documentario riesce a far trasparire anche l’amore di Kobe nei confronti dell’Italia (più volte infatti è riuscito a tornare in mezzo ai mille impegni) e nei confronti di quegli amici che all’epoca credevano di giocare e andare a scuola con una persona normalissima e non con il fenomeno (anche mediatico) che sarebbe poi diventato. La frase "Voi siete le ultime persone che sono uscite a mangiare un gelato con me, semplicemente perché ero Kobe, non Kobe Bryant" è proprio emblematica di quanto non li abbia mai dimenticati.
La parte conclusiva, con la lettura della lettera di addio al basket, è chiaramente quella più “forte” dal punto di vista emotivo, con la maggior parte dei partecipanti che a stento riesce a non commuoversi (molti piangono senza ritegno) e che vi farà consumare tonnellate di fazzolettini.
Sinceramente non riesco a dare un giudizio sugli aspetti tecnici di questo lavoro, onestamente non mi interessa neanche. Sono solo felice di averlo visto e consiglio di farlo anche a voi, indipendentemente da quanto vi riteniate tifosi o appassionati di basket.
Buona visione,
Nessun commento:
Posta un commento