Regia: Andrew Dominik
Trama
Dopo un'infanzia traumatica, Norma Jeane Mortenson diventa una delle attrici più importanti di Hollywood degli anni '50 e dei primi anni '60.
Diventa famosa in tutto il mondo con il nome d'arte di Marilyn Monroe, ma le sue apparizioni sullo schermo sono in netto contrasto con i problemi d'amore e la tossicodipendenza che affronta nella sua vita privata. Dal romanzo-fiction omonimo di Joyce Carol Oates, un racconto di (semi)invenzione sulla dicotomia di un personaggio fra pubblico e privato.
Recensione
Blonde è il non-biopic che usa la vita di Marylin Monroe come traccia per dare un’interpretazione personale dell’animo della diva, tra demoni e sogni, abusi e traumi. Andrew Dominik ripercorre la storia della donna dall’infanzia difficile all’inizio di carriera, fino alla fama mondiale, domandandosi chi fosse realmente Marylin, quanto di Norma Jeane si sia mantenuto e quanto sia stato “divorato” dalla macchina dei sogni, Hollywood.
Al centro del racconto c’è dunque il dualismo, la contrapposizione delle due facce della stessa medaglia: il personaggio pubblico, la diva, sensuale, sorridente, desiderata e la persona, dal passato travagliato, piena di fragilità e desiderosa d’amore (quello del padre mai conosciuto e di un figlio mai arrivato).
Il tema del doppio è affiancato dal rapporto tra l’affamata attenzione dei mass media e i loro “oggetti”, fagocitati da attenzioni eccessive, fuori luogo e non sempre “etiche” e da tematiche forti come maschilismo, sfruttamento e mercificazione del corpo, aborto, salute mentale e uso di droghe.
Tematiche importanti trattate con immagini forti, affiancate da simbologie e virtuosismi stilistici ed è qui che risiede il problema maggiore di Blonde: troppa carne al fuoco! Dal punto di vista delle tematiche tanti spunti e concetti non sviluppati a fondo, che finiscono per rendere il film superficiale. Dal punto di vista registico un eccessivo esercizio di stile, che spesso risulta immotivato: a cominciare dall’alternanza del bianco e nero al colore senza una logica precisa, fino alla cura maniacale nel realizzare pose, location e immagini reali, che risultano aride “cartoline” fuori contesto, non servili alla storia, ma puro esercizio estetico.
Riconosco che a livello tecnico ci sono grandi capacità e che il comparto dei costumisti, truccatori e scenografi ha fatto un gran bel lavoro, ma tutto ciò è fine a sè stesso, quasi caricaturale, se non serve alla storia e non restituisce niente in termini di emozione e comprensione del personaggio. Credo che questa storia, questa figura femminile diventata icona, avrebbe potuto regalare grandi emozioni allo spettatore con delle scelte narrative diverse, più dirette. Invece si finisce per non empatizzare per niente con Marylin, che viene presentata solo come vittima dei media, del cinema, degli uomini, mai consapevole, mai capace di usare lei stessa la propria immagine pubblica, mai in contrasto con l’industria cinematografica, sempre “usata” dagli uomini e mai consapevole del potere che poteva avere su di loro. Credo che non sia stata resa giustizia alle mille sfaccettature di un personaggio così complesso; è stata appiattita, semplificata, presentata come una bambolona sexy senza capacità di intendere e di volere, completamente manovrata dagli uomini siano essi produttori, mariti, amanti ecc.
Senza parlare dell’eccessivo didascalismo dei grotteschi dialoghi col feto mai nato, volti a sottolineare la sua voglia di maternità e le lettere immaginarie del padre per enfatizzare la mancanza di una figura paterna. Scelte ridondanti e ripetitive che non fanno che appesantire una pellicola già eccessivamente lunga.
Di contro l’interpretazione di Ana de Armas è lodevole e incarna perfettamente la vulnerabilità e la fragilità di Norma Jeane e la sensualità della diva Marylin; ma da sola un’attrice non può tirar su le sorti di una pellicola e Blonde rimane un esperimento con belle intenzioni mal concretizzate. Peccato, poteva davvero essere un bel film!
Giudizio complessivo: 6
Buona visione,
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