Ratatouille è un film
d’animazione del 2007 prodotto dalla Pixar.
Curioso che un film d’animazione,
come in questo caso, sia riuscito a guadagnare diverse candidature ai Premi
Oscar spuntando poi la vittoria nella categoria “Miglior film d’animazione”.
Il film parla della passione di
Remy, un giovane topo, per la cucina. Curiosa ma sensata la scelta di fare un
film sulla cucina con protagonista un topolino, ovvero l’incubo delle cucine.
Ma è sul concetto “chiunque può cucinare”, frase dello chef stellato presente
ad inizio film, che si muove l’intera pellicola.
Una delle scene meglio realizzate
del film è proprio nella frazione iniziale, ovvero quando Remy si ritrova
spaesato nella cucina, dove l’azione è frenetica, la musica incalza e sullo
sfondo continuano ad avvenire cose che quotidianamente accadono nella cucina di
un grande ristorante.
Visivamente il film fa realmente
venire l’acquolina in bocca, grazie ad una nuova tecnologia sperimentata
appositamente per l’occasione dalla Pixar. Questa innovazione riesce a dare
profondità e luce agli alimenti che sono incredibilmente “gustosi alla vista”.
Il film tratta un argomento
interessante, ma lascio per ultima cosa il concetto che sta alla base
dell’intero film. A fare da contorno a tutto ciò v’è un’atmosfera comica e travolgente.
Linguini, lo sguattero che viene aiutato dal piccolo topo, è un personaggio
bizzarro, ma ancora di più lo è Skinner, il superiore di Linguini. Essendo il
villain del film, lo chef è mosso da impulsi negativi, ovvero la troppa ambizione
e la smania di potere.
La colonna sonora di Michael
Giacchino, celebre per le rifiniture “alla francese”, utilizza proprio elementi
tipici della tradizione francese, ma mi piace descriverla sempre con due
parole: frenetica e incalzante. Infatti, tantissime scene sono impreziosite da
un utilizzo della musica e del sonoro efficaci, e questa efficacia la
ritroviamo nel sentimento del film, ovvero quello di far capire la grandezza di
una passione, in questo caso un’arte, che è la cucina.
Il topo che vuole arrivare a cucinare non è altro che un messaggio, qui come metafora, di una situazione che, all’apparenza, ci può sembrare impossibile ma, con la convinzione e l’impegno ogni obiettivo può essere quantomeno accompagnato da uno sforzo creativo.
Concludo la mia recensione, in questo caso più un’analisi del significato che un giudizio critico sulla pellicola, parlando del cuore del film, ovvero la frase che si evolve da “chiunque può cucinare” a “un grande artista può celarsi in chiunque”. Proprio così, il critico Anton Ego, che si presenta nel film come inscalfibile e perfido, rielabora la frase simbolo del film in un concetto più ampio. Dopo aver “perso” il duello con Remy, il critico cede alla nostalgia o, più in generale, si arrende all’emozione che l’arte può regalare. Il pensiero del critico è che se un sogno viene coltivato, con innovazione ed impegno, può essere raggiunto. Non è vero che ogni persona può raggiungere il traguardo che si prefissa ma è vero che il traguardo può essere raggiunto dalla persona più insospettabile se questa dà il meglio di sé.
Un ultimo pensiero, concedetemelo, lo riservo al meraviglioso monologo finale del critico culinario che parla della professione del critico:
“rischiamo molto poco pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il loro lavoro al nostro giudizio… anche l’opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale”.
Ego fa una perfetta sintesi del potere del critico e del giudizio, ovvero una sentenza che è capace di esaltare o di demolire (in generale) l’arte. Ma poi prosegue dicendo che l’anima artistica rimarrà indelebile, il tratto distintivo non verrà mai cancellato dal giudizio se l’artista è convinto del proprio lavoro, proprio perché l’arte è superiore al giudizio, è infatti una capacità espressiva che non può essere scissa da una stroncatura.
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