Dopo un po’ di tempo in cui sono stato assente avevo bisogno di tornare con qualcosa di vicino a me, di fresco, diverso e passionale. Questo bel docu-film l’ho visto più di un anno fa, qualche giorno dopo la scomparsa di Diego, vissuta da me, campano e amante del calcio, come un vero e proprio lutto (parliamo di sport, non entriamo in contesti legati alla sua “trasparenza” umana, ne so troppo poco).
Il 2019 è stato un anno cinematografico molto importante, tra i tanti titoli apprezzati dalla critica figurano C’era una Volta a Hollywood, Joker, 1917, Storia di un Matrimonio…tra i grandi titoli di registi affermati si inserisce un film destinato a scrivere la storia del cinema ancora una volta.
Da grande lettrice di thriller ho sempre sentito parlare di Dorn, ma non avevo mai letto niente di suo fino a che in una bancarella non mi sono imbattuta in Incubo.
“Dracula? Ha detto così? Dracula...Ha un suono così singolare. Tre sillabe, eh? Dra-cu-la. Ha un che di accattivante questo nome. Io non ho incontrato nome più perfetto negli annali della nobiltà. Vostro padre, figlie mie, riconosce la sostanza dalla forma: la polpa del frutto dalla buccia che lo riveste. Ci sono gli assaggiatori di vino e gli assaggiatori di nomi. Sì, "Dracula", una felice combinazione di oriente e di occidente, di realtà e di fantasia”.
Tre estranei con la passione per i podcast true crime si trovano improvvisamente coinvolti in un delitto nell'esclusivo palazzo dell'Upper West Side in cui vivono. I tre cominciano ad investigare mentre registrano un podcast per documentare il caso.
Tra personaggi ambigui, segreti del palazzo e indizi, scoprire la verità fra le bugie che i protagonisti si raccontano a vicenda potrebbe portare ad un epilogo sconcertante...
Recensione
Only Murders In The Building è una serie tv crime/comedy che mantiene ciò che promette: se i toni sono quelli della commedia, in cui i due protagonisti Steve Martine e Martin Short sono perfettamente a loro agio, l’impronta crime è altrettanto presente e curata da un’attenta sceneggiatura, imprevedibile e misteriosa.
La stagione 1 è stata una boccata d’aria fresca nel panorama seriale, con un richiamo “vintage” ai miti dell’investigazione, che attraverso l’espediente del podcast, vengono attualizzati e calati ai giorni nostri. Atmosfere retrò coniugate in modo originale con aspetti contemporanei e moderni che rispecchiano anche il carattere dei tre protagonisti: da una parte la coppia di “navigati” inquilini, l’esuberante Oliver e l’insicuro Charles, dall’altra la giovane brillante e misteriosa Mabel (Selena Gomez). Questo connubio di contrasti, sia caratteriali che anagrafici, ha creato un trio esplosivo, dove la differenza d’età tra i due protagonisti e la giovane ragazza ha reso interessanti e originali gli sviluppi narrativi.
Non è solo il cast travolgente a trascinare magnificamente lo spettatore lungo le indagini, ma anche l’intreccio della storia, piena di imprevisti e colpi di scena, senza mai scadere nella banalità, degna delle migliori crime story.
La prima stagione ci aveva già intrigato con un finto suicidio, che aveva scoperchiato il vaso di Pandora dei segreti del palazzo. I colpi di scena non erano mancati e il cliffhanger finale ci aveva lasciato in sospeso, creando attesa per la seconda stagione che, appena terminata, non è da meno e rincara la dose, sviluppando una serie di trame e sottotrame che vi terranno incollati alla visione. Lo sviluppo narrativo, molto più complesso del precedente, è comunque di facile visione, e ciò consente di gustare il prodotto nella sua interezza, senza perdere mai di vista il lato comico.
L’equilibrio tra la leggerezza della commedia e il mistero di un intreccio crime è l’arma vincente (è il caso di dirlo 😉) di questa ottima serie che promette di sorprendere ancora. Si perché a New York gli omicidi non finiscono mai e il finale a sorpresa lascia aperti altri intriganti scenari.
Prendete Andy Warhol e la sua Factory, fatele fare una trasferta italiana coi soldi di Carlo Ponti e il risultato finale sono due film liberi e bizzarri che rivisitano due celebri mostri dell’horror, Frankenstein e Dracula.
Ebbene sì, se non vi siete stancati di 6 film e vari spin-off (televisivi e letterari), c'è un'altra chicca adatta a voi fan di Sharknado: il fumetto crossover con la serie di Archie.
The Village è un film che parla di un villaggio appunto in mezzo ad un bosco, dove vive una cittadina che si è ripromessa di non tornare mai più in città e soprattutto di non entrare e attraversare la foresta circostante al villaggio, vista la presenza di alcune creature mostruose, e non dico altro visto che è una pellicola piena di colpi di scena.
Un giorno, la giovane Gretel decide di addentrarsi nel bosco insieme al fratellino Hansel alla disperata ricerca di cibo e riparo, ma non sa che la foresta è piena di insidie e pericoli mortali.
Sono una skinhead e sono orgogliosa e fiera di chi sono e quando ho saputo che gli amici di Crombie Media avevano deciso di dare alle stampe una rivista non potevo farmela di certo scappare.
In occasione della recente uscita di Top Gun: Maverick di Joseph Kosinski, in questa breve recensione parliamo di Top Gun, lungometraggio di azione/avventura del 1986 diretto dal regista, produttore cinematografico e produttore televisivo britannico Anthony David Leighton Scott (celebre per Una Vita al Massimo e Man on Fire).
Per l’Italia che abdica dal trono del Gotico, ecco che i cugini spagnoli raccolgono lo scettro dell’horror europeo, inzuppandolo in una personale ricetta di sangue, Madera e desiderio.
La tormentata storia d'amore tra la protagonista Anne e il suo marinaio Frederick Wentworth, troncata da lei, persuasa dalla sua famiglia, diffidente verso un pretendente "senza mezzi né rango".
Malgrado ciò dopo 8 anni non si è ancora ripresa e il ritorno di Frederick, questa volta con una carriera ben avviata e remunerativa, riaccenderà vecchie fiamme e rimescolerà le carte in tavola...
La produzione di questa pellicola è da parte della Full Moon, famosa soprattutto per saghe (degne o no di essere guardate, fate voi) come Trancers, Puppet Masters, Killjoy, Demonic Toys e Gingerdead Man, quindi partiamo benissimo.
Dopo 8 anni di silenzio e circa 20 dal suo ultimo film che ho realmente apprezzato (Spider), ecco finalmente il tanto annunciato ritorno del vecchio David Cronenberg.
Dopo aver apprezzato tantissimo sia Get Out, che Us (questo ancor di più, e candidato per me a miglior film dell’anno), l’attesa per il nuovo lavoro di Jordan Peele era a dir poco alta, ecco forse troppo alta.