Ideatore: Mike White
Trama
In un resort di lusso alle Hawaii arrivano nuovi turisti: una famiglia dove la moglie è donna in carriera e il marito è preoccupato da un possibile tumore; una coppia di diverso ceto sociale in viaggio di nozze; una donna sola e alcolizzata che cerca di elaborare il lutto della madre.
Le loro vite, e quelle dei tre adolescenti arrivati con la famiglia, si mischiano a quelle dello staff del resort, in un mix comico ma ancor più tragico.
Recensione
The White Lotus, miniserie HBO candidata a 20 Emmy Awards, è una serie difficile da incasellare in un genere preciso e col suo mix di humor nero, tensione e sensazione che prima o poi capiterà qualcosa di terribile, ti tiene attaccato alla tv per tutti e 6 gli episodi.
Il titolo si riferisce al luogo dove si svolge l’azione, un resort di lusso, The White Lotus appunto, dove approdano un gruppo di ospiti eterogenei e dove lavorano dei dipendenti, tutti con le loro storie personali, che scopriremo piano piano. I toni sono quelli della commedia, almeno inizialmente, ma si capisce fin dall’incipit che la storia prenderà una strada tragica. Viene rivelato subito un particolare inquietante della vacanza appena trascorsa, inducendo lo spettatore a chiedersi cosa sia mai successo in quest’ambiente così paradisiaco, da far virare la storia comica verso la tragedia. E così episodio dopo episodio si ha la curiosità di andare avanti, come nella migliore tradizione thriller, ma senza cliffhanger particolari, né una trama fatta di colpi di scena.
La tensione e la curiosità dipendono più che altro dai personaggi, che via via vengono presentati e dagli sviluppi dei rapporti che si creano tra alcuni di essi. Quello che si vede inizialmente è solo la facciata di un manipolo di protagonisti che pian piano svelano la loro natura. Ne viene fuori una forte critica sociale, una satira sul privilegio bianco e la colonizzazione culturale, sul ruolo della donna, sul cambiamento dei rapporti uomo-donna all’interno della coppia.
Infatti da una parte vengono presentati gli ospiti del resort, ricchi, viziati e nevrotici, apparentemente progressisti, dall’altra i dipendenti, perennemente vessati dai primi anche quando sembra il contrario. Come nel caso della ricca Tanya, che dimostra amicizia e disponibilità verso una brava impiegata per poi virare bruscamente quando la sua attenzione è attirata da un nuovo “interesse”; ancor peggio la giovane amica della figlia dei ricchi Mossbacher, che si ritiene consapevole e infastidita dal “privilegio bianco” che finirà per fare più danni di chi si gode tranquillamente il proprio status sociale.
Il rapporto tra i ricchi turisti e i poveri impiegati del resort è tragicomico, un humor nero che evidenzia il livello di “sudditanza” dei secondi, che finiscono per essere una risorsa fisica, ma soprattutto mentale, da spremere fondo. Emblema di questo concetto è la “lotta psicologica” che si instaura fin dall’inizio fra il direttore dell’hotel (un’incredibile Murray Bartlett) e il giovane ricco e viziato in luna di miele (Jake Lacy), un tira e molla che avrà conseguenze devastanti.
Ma non mancano i riferimenti al ruolo della donna in campo lavorativo e il peso che le diverse scelte hanno sugli uomini che hanno accanto.
Un’analisi del tessuto sociale contemporaneo che, scavando sotto la superficie di ogni personaggio, delinea vizi e virtù della società moderna, senza risparmiare la condanna di una certa superficialità colonialista e ancora (purtroppo) maschilista, ma lasciando una leggera patina di speranza per le nuove generazioni.
Giudizio complessivo: 7.5
Buona visione,
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