Regia: Roy Ward Baker
Perché questo omnibus targato Amicus da noi è inedito, salvo essere sbucato in DVD nei primi anni zero, direttamente nel cestone delle offerte a pochi euro e novantanove. Per cui diciamo grazie a quei tombaroli della Vipco che oggi ci permettono di parlarne.
Dopo i buoni incassi di Racconti dalla Tomba (1972), sempre ad opera della casa inglese, i dirigenti decidono di continuare sulla strada dell’antologia da fumettazzo che, a dispetto del titolo del film, non ha nessun episodio tratto dell’omonima rivista, bensì da Tales From the Crypt.
In un grattacielo nel cuore della city londinese, cinque sconosciuti si ritrovano nell’ascensore che anziché scendere al piano terra, li ferma in un sotterraneo di cui ignoravano l’esistenza. L’ambiente non è solito archivio polveroso dove ammuffiscono i nostri temi di maturità, ma si rivela essere un confortevole foyer per gentlemen only, corredato di cinque poltroncine, sigari e whisky. Così i nostri protagonisti si siedono e iniziano a raccontarsi degli incubi ricorrenti che fanno. Servita la cornice, dentro con gli episodi prima del solito colpo di coda/ contrappasso che chiuderà il film, come da copione Amicus.
Quindi:
Midnight Mess: un uomo rintraccia la sorella in uno sperduto villaggio. Litigano per l’eredità, lui la accoppa, e poi va al ristorante locale per una cena. Sfiga vuole che sia un covo di vampiri e l’uomo si ritroverà a fare di sangue alla spina. Si inizia tutto sommato bene, con l’atmosfera inerte nel villaggio deserto durante il giorno e l’attesa nel ristorante quando arrivano le varie portate di colore rosso. Peccato per i canini vampireschi talmente finti da sembrare gli stecchi di legno dei ghiaccioli.
A Neat Job: Il classico marito preciso e pignolo fa venire una crisi di nervi alla mansueta moglie “A place for everything, and everything has a place”, la rimbrotta. Certo caro, il tuo sarà nei barattoli in dispensa, accuratamente sezionati e divisi, come piace a te. Poco più di uno scherzo, ma ben recitato dal bravo e super british Terry Thomas con la sua caratteristica fessura negli incisivi. Googlatelo, e ditemi se non vi vien subito voglia del tè delle cinque. By Jove!
This Trick’ll Kill You: Un illusionista cerca di carpire il trucco di un fachiro e di una corda, ma era meglio non dargli corda, appunto. Finte locations indiane con percussioni esotiche incluse nel prezzo, per una storiellina abbastanza bidimensionale come le tavole del fumetto. Curd Jurgens è abbastanza monocorde (ah ah) e come cattivo, farà di meglio nel bondiano Agente 007 – La Spia che mi Amava.
Bargain to Death: Maitland si mette d’accordo con l’amico Alex per simulare la propria morte con tanto di sepoltura, per intascare il premio assicurativo. Entrambi tirano a fregare l’altro, ma non hanno fatto i conti con due studenti di medicina in cerca di materiale fresco, che a loro volta prendono sottogamba quel pacioccone del becchino…Il denaro uccide, ma la stupidità umana fa stragi. Liscio come le strisce dei Peanuts alla domenica mattina.
Drawn and Quartered: Storia di un pittore che col vudù acquista la capacità di far subire danni nella realtà ai soggetti dipinti nelle sue tele. Una sorta di Dorian Gray vendicativo, per l’episodio finale che sembra anche durare più degli altri e dal ritmo dilatato.
E dunque, cosa ci rimane alla fine della visione? Gli ingredienti della ricetta tipica dell’ominibus Amicus ci sono, ma forse è proprio questo il problema: è un prodotto standard come certi panini di McDonald’s, sempre uguali in ogni parte del mondo: sai che avrà sempre lo stesso sapore preconfezionato, sia che lo mangi a Capo Nord o in Patagonia. Idem per questo film, fatto di cimiteri, vampiri, urla, sangue e storielle macabre, che nel’73, una formula che dopo otto anni di film simili cominciava a declinare.
Il pubblico cercava spaventi altrove e sapeva cosa aspettarsi da un film così. Il vero difetto è (stato) proprio questo: essere uscito quando mercato dell’horror era saturo. Infatti, tempo pochi anni e la Amicus chiuderà i battenti, dopo un’altra manciata di titoli che cercheranno (invano) di stare al passo coi tempi.
Abbiamo Roy Ward Baker alla regia, che però gira con la mano sinistra, forse non gli piaceva il materiale; anche se funziona quando racconta per immagini che non coi dialoghi. Mancano i nomi del calibro di Lee e Cushing nel cast, ma ci sono comunque alcuni attori e attrici dell’horror inglese dell’epoca, tra cui Denholm Elliot e Dawn Addams. Eppure, poverino, non è davvero colpa sua perché rimane un film a suo modo onesto, magari un po’ piatto nel ritmo, che paga pegno proprio alla sua dimensione fumettosa, e che quando è uscito in America ha avuto la sfiga di essere stato tagliuzzato proprio nelle scene più “forti”, per esempio la scena del sangue alla spina citata sopra.
Povero Vault of Horror, hai avuto una sorte peggiore di quella che hai raccontato nelle tue storie. Però, davvero non è colpa tua.
Per chi volesse farlo uscire dal suo limbo, o avesse voglia di completare il proprio archivio, buona visione. Chi vi dice che la vostra pena non sia proprio questa?
Buona visione,
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