Regia: Mickey Keating
Dopo averlo cercato per moltissimo tempo, finalmente riesco a mettere le mani su Offseason, film del 2021 diretto da Mickey Keating.
La caccia frenetica era dovuta principalmente a diversi ottimi giudizi letti a partire dal periodo in cui fu presentato in diversi festival a fine 2021 (anche qui da noi al Torino Film Festival), ma una distribuzione, come dire, rallentata ne ha limitato la disponibilità nei mesi a seguire.
Se dunque le premesse erano buone, come evidenziato anche dal marchio Shudder che campeggia a tutto schermo dopo pochi secondi, devo ammettere che, alla conclusione, un pizzico di delusione si è fatta sentire, non perché il film sia brutto chiariamoci eh, ma perché forse mi sarei aspettato qualche guizzo in più, capace di renderlo più unico e meno “canonico”.
Brevemente la trama. Una donna viene a sapere che la tomba in cui è sepolta la madre è stata vandalizzata. Decide di andare a controllare, ma l’isola dove si trova il cimitero ben presto inizierà a far di tutto per impossessarsi di lei, rendendole il ritorno a casa quanto mai problematico.
Mickey Keating, dopo svariati anni dalle sue ultime produzioni più significative (Darling e Carnage Pack, che non ho visto e di cui leggo critiche abbastanza positive, in particolare del primo) dirige con semplicità e senza troppi arzigogoli tecnici e narrativi. La suddivisione in capitoli (7 in totale) aiuta a seguire la storia con buona facilità, staccando tra una vicenda e l’altra e mantenendo sempre una buona continuità nel racconto delle vicende a cui viene sottoposta la povera Marie.
Povera Marie che viene interpretata in maniera molto convincente dalla bella Jocelin Donahue, che già vanta buona esperienza nel campo delle pellicole horror (con The House Of The Devil di Ti West come vetta principale) e che qui si impossessa da subito del corpo della giovane donna, donandole quella costante aria impaurita e smarrita che la rende credibile e ben inserita all’interno del ruolo ritagliatole.
Oltre alla sua prestazione, il punto forte di Offseason va ricercato in atmosfere decisamente fascinose e misteriose, con la nebbia costante a fare da contorno e a celare i misteri di cui l’isola si fa portatrice. I colori spenti contribuiscono ad aumentare quel senso di oppressione che in più di un’occasione ti trasporta nell’inquietudine vissuta dalla donna, facendoti per un attimo risvegliare su quella dannata isola e ricordandomi in maniera più o meno chiara quanto vissuto nelle prime fasi della lettura di Perché Hai Paura di Jérôme Loubry.
La sola ambientazione tuttavia, per quanto molto interessante, non basta a mio avviso a far fare il definitivo salto di qualità alla pellicola. Nonostante io abbia infatti spesso criticato l’abuso di jumpscarismo, ritengo che in questo contento ci fosse la necessità di spingere un po’ su questo tasto, perché in alcuni momenti il film sembra proprio richiederlo. Con quei due/tre (non di più) momenti di vero terrore, secondo me sarebbe venuta fuori una roba decisamente fiera, anche in virtù di effetti buoni che denotano comunque una buona padronanza tecnica.
In aggiunta a questo, ho trovato il tutto un po’ troppo lineare e telefonato. Anche in questo senso mi sono spesso trovato a penalizzare lavori troppo contorti e dalle spiegazioni fin troppo fantasiose, ma qui mi è proprio mancato quel quid in più che mi facesse esclamare il classico wow a seguito di plot twist, flashback o quant’altro potesse aggiungere pepe ad un lavoro che invece rimane buono, ma non elitario nei confronti dei pari genere.
Ciò nonostante, la breve durata e il buon finale (con tanto di ghigno conclusivo della donna) propendono per farmelo consigliare, con l’appunto che probabilmente non sarà ricordato per troppo tempo.
Giudizio complessivo: 6.8
Buona visione,
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