Regia: Guy Hamilton
“Vede signor Bond, come ogni grande artista, voglio creare un capolavoro indiscutibile, almeno una volta nella vita. La morte di 007, mano a mano, faccia a faccia, sarà il mio capolavoro”.
Oggi spegne cento candeline Christopher Lee, che omaggiamo con un film dove è IL villlain per eccellenza: no, non quello col mantello e canini, e nemmeno lo stregone barbuto biancovestito, bensì Francisco Scaramanga, il lato oscuro di Bond, James Bond.
Prima o poi dovranno fare una serie tv sulla vita di Christopher Lee; è incredibile che non si siano già mobilitati avvocati e famigliari per raccontare una vita talmente piena di coincidenze e aneddoti destinati a tornare ciclicamente nella sua carriera. Tanto per raccontarne un paio prima di passare al piatto forte: Chris nasce il 27 maggio del 1922, quando al cinema esce Nosferatu. Da piccolo, una notte sua madre lo sveglia di soprassalto: “Ci sono due signori che voglio presentarti, voglio che ti ricordi di loro”: Erano il principe Jusupov e il granduca Pavlovic, due dei congiurati che uccisero Rasputin. Bene, anni dopo non solo il nostro interpretò proprio il monaco, ma ne conobbe anche la figlia, che ormai vecchia babushka, lo fissò e annuì: “Lei è uguale: ha proprio il suo sguardo di mio padre”.
Ma arriviamo a quello più importante – e pertinente: a otto anni, i genitori di Chris divorziano. La madre si risposa con un banchiere, guarda caso zio di Ian Fleming, il creatore di 007. E non è tutto. Nel 1939, a diciassette anni il giovane Lee si arruola prima per combattere in Finlandia contro i russi, e l’anno dopo contro i tedeschi, prima nella RAF, poi di stanza in Africa, e alla fine della Seconda guerra mondiale, nel Foreign Officer. Quindi…Agente segreto? Mistero. I suoi fascicoli sono ancora secretati, e Lee ha sempre glissato sull’argomento. Quello che è certo è che durante le riprese del Signore degli Anelli, al regista Peter Jackson che gli spiegava come doveva morire e i versi che doveva fare, lui, con la sua flemma british gli rispose: “Sai che rumore fa un uomo accoltellato? Io sì”. Secondo me Jackson poi ha chiesto una scorta armata.
Il cugino Fleming forse si è ispirato a lui per Bond, ma di sicuro lo avrebbe voluto come Dr. No nel primo film della serie: la cosa non andò in porto, ma la rivincita di Lee arriva proprio con L’Uomo Dalla Pistola D’Oro, peraltro l’ultimo romanzo scritto da Fleming prima di morire. Jack Palance rimbalza la parte e Christopher è proprio contento di poter finalmente lavorare su un set di serie A su un soggetto letteralmente in famiglia.
James Bond, alias Roger Moore, riceve una pallottola d’oro griffata 007. Viene da Francisco Scaramanga (Lee), un misterioso killer che uccide le sue vittime con proiettili d’oro e dotato di un terzo capezzolo. Ma chi gliel’ha spedito? E perché? Un cuoco umiliato, un marito cornuto, oppure c’è dell’altro…? Bond dovrà scoprirlo prima che Scaramanga trovi lui, anche se entrambi sono sulle tracce di un macguffin chiamato Solex, una potente riserva di energia da far invidia all’attacco solare di Daitarn III…
L’Uomo Dalla Pistola D’Oro è il secondo Bond con Roger Moore, e terzo nella mia classifica personale dei Bond col biondo Roger, proprio per la presenza di Christopher Lee, che impersona il perfetto dark side of Bond. Elegante – anche se il completo bianco lo fa sembrare uno spacciatore di coca di Miami Vice – raffinato, gourmet – trovate un altro villain che vi offra un pranzo a base di funghi e buon vino – donnaiolo, – e, con la pistola d’oro un gadget talmente giocattolone che smontato diventa un accendino ed una penna, è il cattivo più sofisticato dell’intera saga di 007. Persino il suo aiutante è pittoresco: il nano in bombetta Nik Nak, - Hervé Villechaise, quello di Fantasilandia, con cui tra l’altro il poliglotta Lee parlava in francese, mentre con le bond girls di turno – Britt Ekland e Maud Adams – riusciva a capire i loro discorsi in svedese. E noi ci chiediamo ancora se abbia fatto parte dei servizi segreti? Sceneggiatori, fatevi avanti, c’è una serie tv da creare, dai!
Il film in sé rimane ancora un po’ acerbo, però è condito dall’ironia di Moore, un ottimo villain dello zio Chris, locations orientali ed esotiche come Phuket, prima che diventasse una meta gettonata, alcuni riferimenti all’attualità dell’epoca come la crisi energetica e una divagazione a base di karatè come andava di moda in quegli anni.
Del romanzo originale rimane poco, in compenso troviamo la bella casa degli orrori di Scaramanga a metà tra palestra e luna park. Perché con Christopher Lee non si può mai sapere; l’unica certezza è che tutti i cattivi di Bond muoiono e non risorgono, come un certo personaggio...Infatti, mentre giravano il film venne scoperta una caverna piena di pipistrelli. Roger Moore si girò verso Christopher Lee e scherzando gli disse: “Mio signore, loro sono ai tuoi comandi”. Al che l’altro rispose con voce sepolcrale: “Not now, Stanislao”. Avrei voluto essere un membro della troupe per vedere questa scena. Secondo me, quella notte Moore è andato a letto con aglio e crocifisso.
Buona visione, e buon compleanno Christopher Lee. Niente candeline da spegnere, ma un buon Montecristo da fumare per l’eternità.
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