The Gilded Age (Stagione 1): La Recensione della Serie TV



Ideatore: Julian Fellowes


Trama


1882, Marian Brook, dopo la morte del padre che l'ha lasciata sola e indebitata, si trova senza alcuna risorsa e così costretta a trasferirsi a New York presso le sue anziane zie, esponenti della "vecchia aristocrazia" newyorkese, chiusa al cambiamento sociale e all'integrazione coi "nuovi ricchi".

Il suo arrivo sarà concomitante all'ascesa dei Russell, una famiglia borghese arricchita, che intende farsi valere in un sistema chiuso quale è quello dell'aristocrazia di fine secolo.


Recensione


Per tutti i nostalgici di Downton Abbey è arrivata The Gilded Age il nuovo period-drama di Julian Fellowes. Il paragone con la storica serie tv nasce spontaneo, non solo perché a firmarla è lo stesso ideatore, ma anche per i numerosi punti in comune che si trovano tra le due serie: le lotte sociali, l’avanzante declino dell’aristocrazia, gli scontri generazionali, gli intrighi e gli scandali che viaggiano e si diffondono grazie al passaparola subdolo dei piani bassi della servitù. Mondi paralleli costellati di molteplici personaggi che danno vita ad un racconto corale nella New York di fine secolo.

L’impianto narrativo è pressoché identico, ma la storia di The Gilded Age inizia negli ultimi decenni dell’800 e si sposta dalla campagna inglese alla città americana, New York, centro nevralgico dello sviluppo economico e del progresso scientifico di quel tempo. La serie parla di un periodo storico, ma ancor più di una lotta di classe in atto, a cui assiste la protagonista Marian, da poco introdotta in questo nuovo contesto sociale. E’ la guerra silenziosa tra il vecchio regime aristocratico, con schemi e regole consolidati, e il nuovo che avanza, impersonificato dai nuovi vicini delle anziane zie di Marian, i Russell. Questa famiglia, appena trasferitasi nella zona più “cool” della città, rappresenta tutto ciò contro cui lottano le vecchie nobildonne: borghesi arricchiti, grazie a furbizia e ambizione, che tentano la scalata sociale, insinuandosi nella classe più elevata; scalata impedita da quella stratificazione sociale e culturale creata e a lungo mantenuta dalla rigidità della nobiltà ancora in atto.


Il conflitto di classe, al centro del racconto, si riflette anche sugli "strati" più bassi, con il personaggio di Peggy Scott, ragazza di colore e aspirante scrittrice con cui Marian stringe amicizia, che da subito ci mostra la realtà del tempo: le umili origini di Peggy, la sua etnia e il fatto di essere una donna sono ostacoli insormontabile per la realizzazione dei suoi desideri e la sua affermazione.

Una serie che introduce molti temi interessanti, con un’ambientazione ricca e curata, ma che, ahimè, richiama fin troppo la già citata Downton Abbey, privandola di quell’originalità che garantisce ad un prodotto seriale la durata nel tempo. Poco audace nell'affrontare tematiche scomode, sembra più un pacchetto preconfezionato e riciclato a cui è stata solo cambiata la confezione, senza aggiungere niente di sostanzialmente nuovo.


Anche la creazione dei personaggi riecheggia molto la serie britannica: le invidie e le rivalità della servitù, la giovane Marian in contrasto con le rigide regole delle zie e la presenza di Christine Baranski (zia Agnes) che richiama la fermezza classista dell'amata e odiabile Contessa Madre di Grantham, interpretata magnificamente da Maggie Smith in Downton Abbey, che qui inevitabilmente non regge il confronto.

In conclusione una buona serie, ben realizzata, piacevole da seguire, ma che non eccelle in originalità, e che punta più che altro sull’effetto amarcord per i nostalgici di un grande classico del period-drama.

Giudizio complessivo: 7

Buona visione,


Trailer



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