Profondo Rosso: La Recensione del Film



Regia: Dario Argento


Doveva intitolarsi La Tigre dai Denti a Sciabola, ma dopo tre film con animali nel titolo, era ora di cambiare. Doveva avere le musiche dei Pink Floyd, ma la band era alle prese con la registrazione di Wish you were here e la presenza/assenza di Syd Barrett che ingombrava ancora.

Va bene lo stesso: sia Argento che i Floyd, hanno sfornato due ciambelle col buco bello profondo.

Durante un convegno di parapsicologia, una medium capta una presenza malvagia e omicida che ha già ucciso in passato. La sera stessa, la donna viene aggredita in casa propria e ammazzata. A sentire le urla dalla strada e a cercare di salvare la ragazza, è il pianista Mark, che irrompe nell’appartamento, trovandola medium agonizzate. Nella concitazione il suo cervello registra qualcosa, un dettaglio che però dopo non sa ritrovare sulla scena del delitto; i poliziotti hanno mica spostato un quadro? Niente, non gli viene. Con l’aiuto della giornalista Gianna Brezzi, Mark dovrà sbrogliare la matassa, anche perché l’assassino non ha certo finito con la medium…


Quando dici Dario Argento la prima cosa che pensi è Profondo Rosso che tu l’abbia visto o meno; è il film che gli si è appicciato addosso, quello più immediato, più feroce, più martellante per lo spettatore; il thriller da manuale, ma anche lo zenith della sua produzione in termini di giallo all’italiana.

Il film d’Oro di Argento, che tempo ancora quattro pellicole e inizierà a sfornate bronzetti simili a stronzetti e pesi come il piombo, salvo sporadici sprazzi di tecnica qua e là.

La magia del Maestro ha (avuto) durata di quindici anni: è passata dal thriller scippato a Bava e perfezionato nella trilogia degli animali, ha avuto una momentanea allegoria sulla contestazione studentesca con Le Cinque Giornate per poi esporre la sua summa in Profondo Rosso, prima di virare verso l’horror fantastico di Suspiria e terminare l’alchimia tra Thriller/Horror con Phenomena, dieci anni dopo. Ma mi sa che questo ve l’ho già detto.


Profondo Rosso è l’apice, il punto di non ritorno, infatti è anche datato, come accade ai monumenti. Quante volte osanniamo un libro, un disco o un film di un autore come il suo master pièce, però poi gli preferiamo qualsiasi altro prodotto della sua produzione, perché magari è meno perfetto, ma più vicino a noi, oppure invecchia meglio? Personalmente di Dario preferisco Phenomena o L’Uccello Dalle Piume Di Cristallo a Profondo Rosso; hanno qualcosa di più personale, più affine al mio sentire (si chiamano Jennifer Connely e “Colonna sonora”).

Profondo Rosso è il biglietto da visita di Dario, la sua Bohemian Rhapsody o il suo IT, e sarà così over and over again. Ha la sceneggiatura scritta a quattro mani con Bernardino Zapponi, una trama fatta di traumi infantili e passati oscuri, semplice nella storia, ma virtuosa nella messa in scena, contrappuntata dalle musiche dei Goblin che hanno fatto storia fra jazz serrato e nenie infantili. L’ambientazione è un collage perfetto di città e ville, tra cui spicca Piazza San Carlo a Torino nella scena in cui Mark incontra il suo amico Carlo; per i più accorti è “La piazza di Profondo Rosso.”


Il cast poi è ben assortito: David Hemmings è Mark, in una parte che sembra la versione investigativa del Blow Up di Antonioni; Daria Nicolodi – allora signora Argento, tanto che la scena in cui Mark butta la foto di Marilù Tolo è un’allusione personale di Dario - al top di bellezza e presenza. C’è Gabriele Lavia nei panni del debosciato amico Carlo, alcolizzato e col vizio del trans, che quando sente le urla della medium prorompe in uno sguaiato: “Brindo a te, vergine stuprata!” La cito anch’io, specie al terzo gin tonic; per calarmi bene nel ruolo, mica per altro. 

La cariatide di turno è invece Clara Calamai, all’ultimo ruolo prima del ritiro, forse il più ricordato dopo il suo seno nudo nella Cena delle Beffe (1942). Nicoletta Elmi, baby presenza fissa in altri horror del periodo è la bambina sadica che infilza le lucertole e che qualche anno dopo sarà la dark nel telefilm I Ragazzi della Terza C.

Parafrasando Nietzche: Quando guardi Profondo Rosso, esso guarda in te.

Con questo monito vi auguro una buona visione,


Trailer



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