Tick, Tick... Boom!: La Recensione del Film



Regia: Lin-Manuel Miranda


Tick, tick…
Si spengono le luci.

Tick, tick…
Si apre il sipario.

Tick, tick…
Il conto alla rovescia è iniziato.

Tick, tick…boom!
Comincia lo spettacolo.


"Questa è la vera storia di Jonathan Larson. Prima dei Tony Awards. Prima del Premio Pulitzer. Prima che lo perdessimo. Tutto quello che vedrete è vero. Eccetto le parti inventate da Jonathan".


Con queste parole compie il suo esordio alla regia Lin-Manuel Miranda, con un omaggio, disponibile su Netflix, al compositore e drammaturgo Jonathan Larson, uno dei più grandi artisti del teatro contemporaneo, interpretato da un egregio Andrew Garfield.

Un musical nel musical.


Perché in Tick, Tick... Boom! quest’ultimo è il cuore pulsante della narrazione, rappresentando al suo interno altri due musical: l’omonimo spettacolo scritto da Jonathan Larson, sul quale il film è basato, e Superbia, il testo protagonista della storia del compositore.

Ma Larson non assisterà mai a tutto questo, così come noi spettatori: ci troviamo nella New York degli anni ’90, in cui i sogni e le illusioni del protagonista prendono vita, falliscono e riemergono per fallire di nuovo. E noi non possiamo far altro che venir trascinati dal suo struggimento tra sogno e realtà, tra genio e follia, dolore e sofferenza.

Un pianoforte, una tavola calda, una sala prove e…un ticchettio. Tick, tick…come un orologio che scandisce il tempo e poi, d’improvviso, perde il ritmo ed esplode. Tick, tick… boom! come una bomba ad orologeria, quella che sente dentro Jonathan, che scandisce la sua esistenza.


Alla soglia dei trent’anni, Jonathan è un cameriere squattrinato che sogna la vita da artista bohemién, cercando in tutti i modi di dar vita al suo primo musical a cui lavora da più di 8 anni, Superbia, con il quale vuole fare il suo ingresso a Broadway, nonostante l’evidente decadimento morale che affligge il mondo del teatro, il cui unico obiettivo, ormai, è solo generare profitto.

Proprio per questo, Jonathan percepisce di non appartenere a quella realtà, allontanandosi da quel ‘boom’, da quel ritmo in cui la società cerca di omologarsi. Il ritmo di Jonathan è diverso. Vive attraverso la musica e la musica vive attraverso lui. All’interno di questo connubio inscindibile prendono vita le ansie ed i dubbi, l’ossessione e la perseveranza, la passione e la paura del fallimento, perché il tempo di sognare è ormai perduto.

«Non ho tempo» continua a ripetere Larson, credendo di essere giunto al capolinea, in una New York dei primi anni ’90 dove la diffusione dell’HIV fa da sfondo con estrema delicatezza, con un’estrema sensibilità storica, colpendo il suo migliore amico.


E allora, forse, il tempo non è perduto. Jonathan deve continuare a scrivere, deve continuare a sporcarsi le mani, ad ispirarsi ed ispirare le future generazioni di artisti.


"Inizia a scriverne un altro. E dopo che l'avrai finito, inizia quello successivo. E poi un altro e un altro ancora, ed è questo che fa di te uno scrittore, tesoro. Continua a tirarli contro il muro, senza sperare troppo che prima o poi uno rimanga appiccicato".


Tick, Tick... Boom! È una lettera d’amore al teatro, alla costanza, ai sognatori, agli insuccessi e all’inesauribile forza di ricominciare.

Non è solo un tributo a quell’unione di genio e sregolatezza che è stato Jonathan Larson, ma diviene una lettera d’amore rivolta a noi spettatori: il regista Lin-Manuel Miranda ci invita a non abbandonare le nostre speranze in un mondo che cerca sempre più di spegnerle.

Il film diviene simbolo delle angosce vissute dalla nostra generazione di giovani adulti con quel Tick, tick…che diviene metafora di una corsa contro il tempo e contro noi stessi.

E poi vi è il boom. Che non è la fine. E’ solo l’inizio.

Buona visione,


Trailer



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