Regia: Billy Wilder
Indovinello: ha il profilo aquilino, un cervello super deduttivo, fuma la pipa e suona il violino; poi ha un rapporto bromance col coinquilino dottore e in fatto di popolarità se la gioca con Dracula.
Risposta: Elementare, Watson; è un essere umano, troppo umano.
Oggi parliamo di Sherlock Holmes e di uno dei film più belli e curati, ma meno considerati sul celebre detective. Osserviamo la vita privata di Sherlock Holmes dal buco della serratura e come lo troviamo? Umano, troppo umano.
Londra, oggi (cioè il 1970): trascorsi cinquant’anni dalla morte di Watson, viene aperta la sua cassetta di sicurezza. Ci vengono mostrati tutti i suoi cimeli: pipa, cappello, lente, foto in bianco e nero del duo, violino, uno spartito per il medesimo dedicato a Ilse von H, e una storia che Watson ha voluto rendere nota solo oggi per ragioni di pudore.
Di ritorno dall’ennesimo caso, Holmes è pigro, svogliato e con la voglia di farsi una bella pera, ma non il frutto. A sorvegliarlo e invogliarlo ad attività più costruttive c’è il fido Watson. Dapprima vengono invitati ad un balletto russo, dove si scopre che l’invito serviva come proposta per far ingravidare la prima ballerina in ritiro con Sherlock, al fine di generare un figlio brillante. Il nostro si dichiarerà gay e felicemente accoppiato con Watson ("E' la mia tazza di tè", afferma), lasciando esterrefatti i russi e scatenando le ire dell’amico, in una scena spassosa, specie quando Watson teme per la propria reputazione di dongiovanni. “E voi, Holmes, avrete donne che possono testimoniare per voi? Se non sono indiscreto.” “La risposta è sì, Watson; siete indiscreto.”
Dopo questa parte di presentazione/immersione, parte l’investigazione vera e propria: una donna viene ripescata nel Tamigi in stato confusionale e condotta dal celebre detective: si scoprirà chiamarsi Gabrielle ed essere alla ricerca del marito Emilie, un ingegnere belga scomparso. Pane per i denti – e pian piano anche del cuore – di Sherlock, nonostante il fratello Mycroft lo consigli di lasciar perdere il caso…Chi avrà ragione, Mycroft o il Sentimento?
l film è una splendida commedia gialla che ci immerge nell’era vittoriana, col ritmo e il respiro dei romanzi su Sherlock, prendendosi tutto il tempo, ma col giusto brio, l’ironia e l’eleganza di un classico.
Il maestro Billy Wilder, - uno che aveva nel curriculum A Qualcuno Piace Caldo, Irma la Dolce, Sabrina ed altre meraviglie, - lo considerava il suo film più elegante, e cazzo se ha ragione!
Lo covava sin dagli anni Cinquanta, sotto forma di musical con Peter O’Toole e Peter Sellers nei panni di Sherlock e Watson, ma poi il progetto approdò a questo. Con suo grande scorno all’epoca non piacque perché mostrava uno Sherlock troppo umano, troppo intimo e fallace, per non parlare dell’uso della cocaina che di solito al cinema passa sotto silenzio. Inoltre, dalle tre ore e venti di durata dovette sforbiciare il film di cinquanta minuti, e le scene tagliate sono andate perdute. Povero maestro…Il risultato finale è comunque notevole, perché cattura lo spirito del canone holmesiano, anche se mostra l’eroe sotto il lato più debole, quello che nessuno ha mai visto, ma usando ironia e garbo, aggiungendo un altro tassello al personaggio più conosciuto al mondo. Infatti, ad oggi è stato rivalutato. La scena in cui Sherlock racconta la verità a Gabrielle sui suoi rapporti con le donne è un vero gioiello: Tutte cleptomani, ninfomani, piromani. E poi le confida il perché secondo lui le donne non sono affidabili. Vi lascerò scoprire il motivo.
Robert Stephens è azzeccato nel dare una sfumatura ambigua a Sherlock, mentre Colin Blakely rende il dottore tonto e crapulone il giusto. Christopher Lee oltre a vestire i panni di Mycroft, aggiunge un altro record personale di ruoli interpretati anche nelle storie di Holmes e magari è servito a Moffat e Gassit come modello per il loro Sherlock televisivo.
Da vedere ed apprezzare, perché Sherlock Holmes è sicuramente un legnoso detective dell’era vittoriana, ma al netto di tutte le trasposizioni filmiche, dal young detective che ci ha fatto provare una Piramide di paura, al tamarro cyberpunk di Robert Downey jr, e via investigando, rimane comunque un essere umano. E a noi piace così: troppo umano.
Buona visione,
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