Regia: Guillermo Del Toro
Negli Stati Uniti degli anni '40, Stan, un vagabondo dal passato misterioso, si unisce a un luna park ambulante, dove impara l'arte dell'inganno dalla veggente Zeena e suo marito.
Ambizioso e determinato, partirà in cerca di fortuna con la giovane Molly. Grazie alle sue capacità riuscirà a far fortuna con un suo numero di pseudo occultismo, ma la sua avidità e l'incontro con una psicologa senza scrupoli lo porteranno a superare i suoi limiti e alla rovina.
“Ti darò il mondo e ciò che contiene”.
La Fiera delle Illusioni è un dramma psicologico dalle atmosfere noir, che narra le vicende di un uomo dal passato oscuro e combattuto da demoni interiori, nella sua ascesa verso il successo grazie all’arte dell’imbroglio e dell’illusione.
Il film si compone di due parti distinte, che raccontano la formazione del giovane Stan nel luna park prima, l’ascesa, il successo e la ricchezza in città poi. E le atmosfere che accompagnano le due parti cambiano: da un lato l’ambiente della fiera, costellato da personaggi bizzarri e disadattati, ha delle atmosfere sognanti, luci da parco giochi, colori sgargianti e senso del magico; dall’altro la città elegante, frequentata da uomini potenti e facoltosi, ha toni raffinate e un tocco noir in perfetto stile ‘anni ’40.
L’illusione, come predice il titolo, è il filo conduttore dell’intera vicenda. Ma non si tratta solo dell’illusione del finto veggente e della chiromante creata ad arte per imbrogliare lo sventurato spettatore di turno; c’è anche l’illusione della presunta superiorità del protagonista, che crede di potersi spingere oltre il semplice spettacolo di veggenza, macchiandosi di azioni abiette, menzogne e manipolazioni, oltrepassando ogni limite. E poi c’è l’illusione della mente umana, quella parte di ognuno di noi che vuole credere ciò che gli fa piacere, quella speranza vana che lotta contro ogni elemento razionale e logico, pur di inseguire una chimera.
Il film scava nel torbido umano e lo fa con i suoi personaggi, autori di misfatti e delitti, in cui l’istinto a sfruttare le debolezze altrui a proprio vantaggio è così forte da indurli ad azioni che li porteranno alla rovina. E se nel microcosmo del circo tutto ciò è gioco, è spettacolo, è trucco dichiarato, nel mondo reale, rappresentato dalla città, diventa cupo, minaccioso, tragico.
Ed è chiaro il messaggio finale di condanna, in quella chiusura del cerchio tragica e crudele, dove tutto è cominciato e tutto si conclude. Un finale cinico in cui ancora una volta l’illusione beffarda si prende gioco di un uomo che, pretendendo di controllare la mente delle persone, finisce travolto dalle sue stesse azioni in una voragine di dannazione.
Guillermo del Toro a suo agio nelle atmosfere cupe, magiche e illusorie, confeziona un contenitore ideale per una storia del genere, e mette gran cura nel delineare i personaggi. Ho apprezzato molto le performances dei comprimari, convincenti Willem Dafoe e Richard Jenkins, meno Bradley Cooper e Cate Blanchett, quest’ultima perfetta come algida femme fatale, ma in un personaggio che, secondo me, non è stato sviluppato a sufficienza.
E’ un ottimo film che con una trama fitta di misteri e intrighi, non fa pesare le oltre due ore di durata e che mette in scena l’illusione con ambientazioni e ricostruzioni ricche di dettagli e fascino.
Giudizio complessivo: 8
Buona visione,
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