Regia: Mario Bava
Anche Mario Bava è stato disonestamente onesto, perché pur mostrando la paura in tre registri diversi (thriller, gotico e fantastico, l’equivalente di Athos, Porthos e Aramis) racconta in realtà del quarto volto: lo sberleffo.
Vi sembrerò ancora sotto postumi di Capodanno, ma siccome su Bava hanno già scritto – e anche meglio di me - ho voluto creare un incipit audace, ma che riflette la verità sul cinema del regista sanremese: non si prende sul serio. E per dimostrarlo, imbastisce questo trittico di storie, che è pure uno dei suoi massimi lavori, usando un volto del terrore con tutte le maiuscole: Boris Karloff, che presenta il film, ma che sarà anche il nostro D’Artagnan-sberleffo.
Il Telefono: una ragazza è presa di mira da un maniaco che le telefona, minacciandola di morte. Episodio thriller con tinte morbose, feticismi e doppi finali, con una sensuale Michèle Mercier; intanto, Dario Argento prende appunti per i successivi dieci anni di film…L’edizione Usa però riscrive la storia con un twist soprannaturale. Whattafuck?!
I Wurdulak. Il giovane Vladimir si imbattere in una famiglia di contadini che aspetta il ritorno del capofamiglia Gorka partito cinque giorni prima per uccidere il Wurdulak, un vampiro che infestava la zona. I famigliari hanno l’ordine di non farlo entrare se dovesse arrivare dopo la mezzanotte del quinto giorno. Gorka torna, ma è appena scoccata la mezzanotte…
L’episodio principe del film è un ottimo gotico vampiresco tratto da un racconto di Tolstoj, con Boris Karloff nei panni – e baffoni a manubrio - di Gorka a fare da mattatore assoluto. Già l’arrivo del vecchio alla capanna, di cui vediamo solo la sagoma barcollante e intabarrata è un pezzo da manuale. Se la trama vi ricorda qualcosa, bravi! Abbiamo parlato del suo remake, La Notte dei Diavoli, canto del cigno di un’era che qui stava allo zenit.
La Goccia d’Acqua. Da un racconto di Cechov. L’infermiera Helen è chiamata a vestire il cadavere di una medium trapassata durante una seduta spiritica. Già che c’è, le ruba l’anello che porta al dito…Che bella pensata.
Episodio soprannaturale, dove la tensione è tutta giocata sulla situazione di partenza del cadavere che fa e non fa. La morta è un manichino, peraltro creato da Eugenio Bava (padre di Mario), ma è così brutta e inquietante col rictus alla bocca e gli occhi spalancati, da sembrare vero. Anche se immagino che i veri tanato estetisti vedano di peggio…
Il film è una summa di tutti i generi horror, con i finali tanto amari quanto beffardi. Bava dirige da Dio, con tutti i trucchi e l’artigianato possibile rende il film di super livello e con la migliore atmosfera . Tratta i suoi personaggi come marionette, ma curandoci di farci vedere bene i fili. E qui arriva la guasconata di D’Artagnan, il volto dell’ironia che segnalo come SPOILER.
Alla fine, Boris Karloff, nei panni di Gorka, cavalca per il bosco, col corpo del nipotino. Si congeda da noi spettatori e la telecamera arretra, mostrando che l’attore è in sella ad un cavallo di legno e il nipote è un fantoccio. Intorno a lui corrono tre operatori, agitando le frasche. L’ultima risata è quella contro di voi. FINE SPOILER
Curiosità: In Inghilterra il film uscì col titolo di Black Sabbath. Fra i suoi spettatori c’era un appassionato di horror che suonava il basso in un gruppo assieme ad un tizio di nome Ozzy Osbourne…
Buona visione.
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