Regia: Aharon Keshales e Navot Papushado
Spesso avevo sentito parlare di questo film (in maniera entusiastica tra l’altro), ma non mi era ancora capitato di vederlo. Molto male direi, perché oggettivamente i questi 8 anni (è uscito nel 2013), mi sono perso un filmone.
Direttamente from Israele, i due registi Aharon Keshales e Navot Papushado han messo giù un thriller spietato, cattivo e decisamente intrigante, da vedere tutto di un fiato e su cui pensare a lungo dopo la visione. Se con il promettente Rabies avevano infatti gettato le basi per una buona carriera, qui hanno per me avuto la loro consacrazione, che però li ha fermati per un po’, visto che fino a quest’anno (con l’uscita di South of Heaven) di loro si erano un po’ perse le tracce (fatta esclusione per un episodio di un ABCs of Death).
Brevemente la trama. Dopo che vengono commessi una serie di crimini su minorenni, un insegnante risulta come principale sospettato, ma non si hanno le prove. Un poliziotto e il padre di una vittima proveranno in tutti i modi a farlo confessare. Ci riusciranno? Sarà davvero lui il colpevole?
Anche se probabilmente non ne aveva bisogno (in termini di qualità), il film ha goduto della pubblicità di un certo Quentin Tarantino che, non solo ha approvato alla grande il lavoro, ma è arrivato perfino a definirlo il migliore del 2013. E la cosa non mi stupisce affatto perché in alcuni momenti ci sono dei tratti propriamente tipici del suo cinema. Basti pensare per esempio alla quasi surreale conversazione sul come procedere alla tortura dell’insegnante, che rimanda al dialogo tra Marcellus Wallace e Bruce Willis dopo che sono riusciti a sfangarla dallo scantinato del negozio in Pulp Fiction.
Questi siparietti si inseriscono brillantemente all’interno di una sceneggiatura che di divertente non ha proprio nulla, a partire dalle giovani vittime, fino ad arrivare ad una colpevolizzazione del sospettato che diventa mostro a prescindere, ancora prima di capire se sia davvero lui il colpevole. Anche il fatto che, mentre il padre della vittima è intento a frantumare le dita e le altre parti del corpo del suo antagonista, viene interrotto più volte da surreali telefonate, come quella della madre per esempio, riesce a creare un mix tra dramma e grottesco che rende la pellicola particolarmente originale e degna di attenzione.
Per l’altro la violenza che permea tutto il film non è minimamente nascosta e ci viene sbattuta in faccia senza ritegno. Una violenza principalmente fisica, che si tramuta in una serie di torture che, sebbene a volte non vengano mostrate sino in fondo, riescono comunque a fare centro, quasi che pure tu, spettatore, rischi di arrivare a confessare di quando quella volta hai rubato un bounty in latteria. In alcuni casi il sangue non viene assolutamente risparmiato, in modo che anche chi va in visibilio alla visione di globuli rossi schizzanti, possa rimanere soddisfatto.
In mezzo a tutto questo, non mancano riferimenti e critiche neppure troppo velate allo Stato israeliano e alla situazione che si vive ogni giorno da quelle parti. Frasi come "Te lo spiego in un modo che possa capire anche un poliziotto di Israele", oppure le sequenze in cui i protagonisti interagiscono con l’uomo arabo e ne restano in un certo qual modo a distanza come se fosse un nemico a prescindere, rafforzano in maniera inequivocabile questo concetto, che in ogni caso viene sempre mantenuto in vita anche da una serie di piccole cose sparse un po’ per tutta la pellicola.
Gli attori in gioco se la cavano tutti molto bene, con una particolare menzione per Tzahi Grad che, oltre ad essere il sosia di Claudio Lotito, riesce a sfornare una serie di espressioni da far letteralmente paura. La rabbia che cova dentro e che si tramuta in una serie di azioni non esattamente rispettabili, alimenta poi il costante dubbio sulla colpevolezza dell’insegnante, un dubbio che ti porti dentro fino alla conclusione.
E proprio la conclusione, con quell’ottimo finale severo ma giusto, brutale come tutto il film, chiude perfettamente il cerchio.
Un filmone da non farsi assolutamente sfuggire.
Giudizio complessivo: 8.5
Enjoy,
8,5 me pare esagerato anche perché l'ultimissima scena non si capisce chi era quello e soprattutto dove stava....
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