Regia: Luigi Magni
"Indossando un mantello bianco con la fodera purpurea, con andatura strascicata da cavaliere, il quattordicesimo giorno del mese primaverile di Nissan, di prima mattina […] apparve il procuratore della Giudea, Ponzio Pilato. Ciò che il procuratore odiava di più al mondo era l’odore dell’olio di rose, e tutto preannunciava una brutta giornata proprio perché questo odore aveva perseguitato il procuratore fin dall’alba".
Bulgakov ci presenta Pilato così, in quel capolavoro di libro che è Il Maestro e Margherita: un uomo con un gran mal di capa, che vorrebbe il sollievo e la compagnia del suo cane, e che si trova invece a dover giudicare uno strano predicatore che gli hanno mandato. I Pearl Jam, ispirati dalla lettura comporranno il brano Pilate: tanti onori, per un personaggio che viene considerato (quasi sempre) il simbolo dell’ignavia. A me invece Pilato è sempre stato simpatico: non era colpa sua, si era ritrovato a governare un popolo di “infidi, contorti e litigiosi,” (cit.) che poi è lo stesso feeling che provo io verso il 90% dei clienti.
Questo procuratore invece è interpretato da un grande Nino Manfredi con accento ciociaro e orecchino al lobo. E’ inquieto e rimugina: ha condannato – malvolentieri - Gesù a morte. Rievoca il processo al Nazareno, tra mal di testa feroce, scazzo e insistenza dei giudei, tanto da cercare refrigerio in una conca d’acqua. “Te ne lavi le mani? No, perché si potrebbe interpretare…” gli chiede Caifa vedendolo fare le abluzioni. In più sua moglie, Claudia Procula (la sensuale Stefania Sandrelli) lo rimprovera con sofismi: “Dunque Roma esegue solo le sentenze?” gli chiede. “No, solo Roma esegue le sentenze.” Ribatte lui piccato. Quando poi Gesù risorge e Claudia fugge in Galilea assieme al fidato centurione Valeriano per ascoltare le parole del Messia, Pilato parte alla loro ricerca per arrestarli tutti. Ma lo aspettano alcune sorprese…
Luigi Magni oltre che regista è anche un fine storico e con Manfredi ha già realizzato altre pellicole di genere commedia popolare ambientate nella Roma papalina. Questa volta ci riporta indietro di 2000 anni, ma con un tono sempre tra il serio e il faceto, che è il suo marchio di fabbrica. Il loro Pilato è un uomo disilluso e ironico, che non capisce tutto il clamore attorno a Gesù, salvo poi chiedere a Giuseppe d’Arimatea se Lui davvero sulla croce abbia perdonato tutti, incluso lui stesso; ma gli è di magra consolazione. E’ un politeista, che dopo aver visto Gesù ascendere commenta che anche loro hanno Mercurio, “più bellino eh, con le ali ai piedi…” Ma poi si rende conto che questa religione avrà un impatto sul futuro e sui popoli e che qualcuno dovrà pagare per i propri sbagli; Pilato diventerà un eroe.
E’ un film colto e dolceamaro, impreziosito dalle musiche arabeggianti di Angelo Branduardi; un vangelo apocrifo secondo Magni e Manfredi, un dramma con venature di umorismo fine dove il buon Nino recita con mestiere, ma la vera rivelazione è Lando Buzzanca nel ruolo del centurione Valeriano, che ha visto è creduto la “Parola”. Anche se una menzione speciale va a Flavio Bucci nei panni di uno spiritato Erode Antipa, che coi dati alla mano ridimensiona la strage degli innocenti fatta da suo padre. Escludendo le femminucce, i bambini sopra i due anni, qualcuno che si è salvato conclude che: “Quanti ne scannò papà mio? Cinque, sei? E’ una mascalzonata, un delitto! Ma a dire strage, ce ne corre!”
Un film per chi vuole rileggere i fatti dei Vangeli secondo un’ottica trasversale: quella di chi quel giorno aveva un mal di capa che martellava…Bum…bum…e non c’è sollievo. Forse con un po’ d’acqua fredda sui polsi…Che dite?
Buona visione.
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