L'Uomo nel Buio - Man In The Dark (Don't Breathe 2): La Recensione del Film



Regia: Rodo Sayagues

Considerata l’ottima impressione che mi aveva fatto il primo Don’t Breathe, il timore che un sequel potesse in un certo qual modo infangarne la memoria era piuttosto alto, soprattutto nel momento in cui si legge che a dirigerlo non è più il buon Fede Alvarez, ma l’esordiente Rodo Sayagues (niente di personale amico, ma nel cinema ho imparato a mie “spese” che la fiducia la si guadagna sul campo).

Quando però noti che nella sceneggiatura c’è pure lo zampino di Alvarez e che a produrre figura il nome di Sam Raimi, forse puoi cominciare a pensare che non tutto è perduto. E infatti, pur non raggiungendo le vette del primo lavoro, Don't Breathe 2 (userò il titolo originale in quanto più corto e sono pigro) risulta un film assolutamente valido, che non deluderà chi aveva apprezzato il capitolo precedente e più in generale gli appassionati di thriller-horror.


Brevemente la trama. Dopo gli eventi del primo film, ritroviamo qualche anno dopo il buon Norman Nordstrom ad accudire con disciplina militare la giovane “figlia” Phoenix, in una grande villa lontano dalla città. Ma un giorno, un gruppo di delinquenti fa irruzione nella proprietà, per reclamare quello che sostengono essere di loro appartenenza. Inutile nascondere che saranno volatili per diabetici (un po’ per tutti). 

La scelta di indirizzare il film sulla falsariga del primo (sia come scelte tecniche, registiche e come andamento generale della faccenda) è stata chiaramente la prima (e più importante) mossa vincente, soprattutto trattandosi del primo (e chissà se ultimo) sequel. Chiaro che se fossimo arrivati al Man in The Dark 26 probabilmente non sarei a discuterne in maniera così entusiastica.


Ritroviamo quindi in primis un’ottima realizzazione delle scene al buio, che già avevo segnalato come punto di forza del primo film e che ritengo essere un fattore degno di segnalazione, dal momento che in moltissime pellicole proprio questo tipo di sequenze risulta essere oltremodo penalizzante per l’intero lavoro, finendo col mostrare una cozzaglia di immagini poco chiare e per nulla soddisfacenti.

La tensione si percepisce bella importante fin dalle prime fasi dell’home invasion, con sequenze tra l’altro molto convincenti come per esempio quella della bocca incollata. Il sangue e la cattiveria non marcano certo visita e diventano il tema conduttore della storia, che vede anche qui un costante ribaltamento dei ruoli tra buono e cattivo, non dando punti di riferimento allo spettatore che si vedrà quindi costretto a cambiare idea più volte.


Ciò che invece rimane un punto fermo è il mitico Stephen Lang. Il vecchio appare sempre in gran forma e riesce a farti entrare in totale empatia con lui, tanto da provar pena nei suoi confronti anche quando in teoria, per la piega che prende il film in alcuni momenti, non dovresti proprio. Meravigliosa tra l’altro la scena in cui il biondo alza il contatore per far tornare la luce e lui compare dietro.

Ecco, se proprio si vuol trovare un difetto, ricollegandomi alla semi indistruttibilità di Norman, potrei far riferimento alla scarsa credibilità di alcune situazioni, in cui le persone normali sarebbero morte almeno una quindicina di volte. Per cui se siete tra quelli spettatori che prediligono sempre il filo logico davanti a tutto, vi dico già che rimarrete un pelo delusi ma, a mio parere, se avrete l’intelligenza di vedere la pellicola con l’ottica in cui per esempio ci era stata presentata la vendetta di Uma Thurman in Kill Bill, rimarrete soddisfatti.

Ciò non impedisce comunque la presenza di un finale severo ma giusto, con titoli di coda davvero pregevoli e ad una scena post titoli che lascia qualche interrogativo sul come possano andare le cose in futuro.

Giudizio complessivo: 7.5

Enjoy,


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