Autore: Paola Barbato
Dopo l’ottimo Bilico ed il successivo Mani Nude (che ancora non ho letto, ed è l’unico mancante), Paola Barbato fa uscire nel 2010 Il Filo Rosso, che per me si candida di diritto ad essere uno dei suoi migliori lavori.
Avendo appena terminato di leggere La Spinta, ed essendo ancora rimasto un po’ scombussolato dalla piacevole novità, avevo bisogno di tornare a qualcosa di più familiare, e Paola Barbato in questo senso è ormai una garanzia per me.
Brevemente la trama. Antonio Lavezzi è un ingegnere a cui hanno ucciso e violentato la figlia, mandando allo stesso tempo lui in coma, mentre era rientrato a casa durante l’aggressione. Una volta risvegliatosi, dopo l’allontanamento da parte della moglie, la quale lo riteneva proprio responsabile dell’accaduto, Lavezzi tenta di ricostruirsi una vita con estrema difficoltà, fino a che un giorno non viene ritrovato un cadavere nel suo cantiere. Un cadavere che sembra contenere un messaggio diretto a lui…
Come ho detto prima, il libro mi è piaciuto parecchio. Una storia davvero intrigante che già inizia subito con il botto con la questione della giovane ragazzina barbaramente ammazzata all’età di 13 anni. Una vicenda che indubbiamente porta il padre, nonché il protagonista del romanzo, verso un baratro da cui è difficile uscire. Un baratro che lo manterrà in costante bilico tra il rimorso per non aver impedito la tragedia e la sete di vendetta.
"Le regole in fondo erano poche e semplici: bastava sorridere e chiudere bene a chiave gli armadi. Gli scheletri non escono mai senza permesso".
Il coinvolgimento di Lavezzi all’interno del machiavellico piano ordito dall’assassino di turno, riesce a catturare il lettore in maniera molto efficace, grazie alla scrittura sempre fluida dell’autrice e ad espedienti (quali per esempio i messaggi tramite telefono) che verranno poi anche ripresi in lavori successivi (es. Io So Chi Sei). Ricordo in particolare la vicenda dell’eliminazione del pregiudicato, quella dove realmente il povero Antonio capisce di essere entrato all’interno di qualcosa più grande di lui, e che contribuisce ad aumentare i molteplici dubbi che già lo assillavano.
"Qualcuno c'era, era tutto vero. E questo era meraviglioso. Qualcuno c'era, era tutto vero. E questo era terribile".
Lo stile della Barbato comincia poi a prendere forma in maniera sempre più chiara, con quel modo di scrivere che, una volta letti tutti i suoi lavori, te li farebbe riconoscere subito. Suggestivo per esempio, l’utilizzo delle parentesi per suggerire al lettore i pensieri di colui che sta parlando, pensieri che non sarebbero potuti essere tramutati in parole in quanto troppo dolorosi ([stuprata] [sodomizzata]), o poco adatti al contesto o alla discussione in cui il personaggio si trovava al momento.
Molto interessanti gli inframezzi con Danko, sempre più frequenti man mano che ci si avvicina alla fase conclusiva, dove trovano il culmine in quel gesto nei confronti di Lavezzi, tanto imprevedibile, quanto probabilmente coerente con una mente canina che sembrava ragionare molto meglio della maggior parte degli umani presenti nella storia.
La Storia di Michele risulta poi bella pesante pure quella, anche se l’idea non è quella di arrivare ad un tentativo di giustificazione delle azioni conseguenti a ciò che aveva passato.
"I mostri generano altri mostri, di questo ero convinto" .
Il finale l’ho trovato inoltre perfetto per come era stato dipinto il carattere dei personaggi.
Qui il libro
Consigliassimo agli appassionati del genere.
Enjoy,
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