Gli Orrori Del Liceo Femminile: La Recensione del Film



Regia: Narciso Ibanez Serrador

Bienvenidos alla recensione di stasera.

Mettetevi bene in fila, i maschi a destra, le fanciulle a sinistra; decoro e disciplina, altrimenti a letto senza cena. Poi, al termine della lettura andremo tutti a ballare il minuetto in stile Luigi 113, anche se sarà meglio chiamare il 118 o la neuro.

Decoro e disciplina; e ce ne vuole tanta per sopportare l’andazzo del collegio femminile diretto dalla disumana Madame Fourneau con mano di ferro e frusta, d’altronde il suo è un collegio per ragazze difficili. Quasi quanto il suo adorato rampollo Luis, che passa le giornate a spiare le fanciulle, dalle quali sua madre le tiene lontano. Non sono certo damoiselles adatte a lui, solo la mamma sa come deve essere la ragazza idonea, e via castrando. Ma d’altronde siamo nella Francia dell’Ottocento e non ci sono ricorsi al Tar o servizi sociali che tengano: questo hai, questo ti tieni, comprese le bacchettate.


Qui arriva – o meglio viene scaricata - Teresa, figlia di una ballerina dei peggiori varietà di Parigi. Imparerà la rigida gerarchia del collegio e la sottile linea tra nonnismo e favoritismo diretta dalla stronzetta Irene Toupan, sorta di braccio destro di Madame. Ma la specialità dell’istituto è la misteriosa sparizione di alcune fanciulle: la verità sarà tanto cruda quanto implacabile.


Quando il gotico italiano è ormai brace, la fiaccola dell’horror passa ai cugini spagnoli che danno fuoco alle polveri. Il film è l’esordio di Serrador che ne scrive anche la sceneggiatura. Que esordio! 

Pochi ambienti ma ben utilizzati, tonalità degli interni che vanno dal bronzeo al verde oliva, e soprattutto una storia che grida “Spagna!” sotto la patina dei nomi e delle ambientazioni francesi. Eh sì, perché in realtà il film è il ritratto della Spagna franchista che governava il paese a mezzadria con la Chiesa. Mentre il Gotico italiano aveva il concetto della colpa, gli spagnoli ci mostrano il loro fascino indiscreto del peccato corretto Jerez.

Il film è pieno di sequenze efficaci: subito all’inizio vediamo quella alternata tra una ragazza che per punizione viene spogliata e frustata in camera sua, mentre di sotto le sua compagne in fila recitano le preghiere; degna di Bunuel. Oppure quando durante l’ora di ricamo, mentre una ragazza è appartata col legnaiolo, le altre cincischiano nervose/invidiose con gli attrezzi sul sottofondo delle risate gioiose dell’amica…Non c’è miglior ritratto della tensione sessuale.


Ma il film è soprattutto un thriller. E se il contesto vi sembra già tosto, sappiate che anche gli omicidi non sono da meno: l’omicidio nella serra, - dove una ragazza viene accoltellata al ralenti descrive perfettamente un’agonia sospesa e reiterata - è stato il mio preferito, anche se molti trovano più efficace il secondo assassinio col freeze frame del coltello alla gola. Ma la vera angoscia viene dal finale implacabile nella sua folle lucidità col suo fermo immagine che non ha nulla da invidiare al buon vecchio Norman Bates di Psycho (1960).

Non possiamo non fare una menzione speciale per Lilli Palmer, diva per Fritz Lang e Orson Welles che ci regala una madame Forneau composta e dolente senza sembrare una cariatide hollywoodiana in caduta libera.

Il film ha ispirato Suspiria (1977) di Dario Argento e soprattutto Lucio Fulci per il suo Quella Villa Accanto al Cimitero (1981). Alla fine la fiaccola è ripassata a noi.

Buona visione: seduti e composti.

Curiosità: per la visione consiglio la versione del blu-ray tedesco, severissimo e in uniforme, ma soprattutto uncut, che ha anche la traccia audio italiana.

Buona visione,


Trailer



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