Regia: John Krasinski
Il primo A Quiet Place era stata una grande rivelazione, sia in termini di riscontro da parte del pubblico, sia per quanto riguarda il parere personale, che è stato assolutamente positivo e, visto il finale, l’attesa per il sequel cominciava a farsi piuttosto ingombrante, considerati anche tutti i rinvii dovuti al Covid.
E ora finalmente l’uscita, con più di un anno di ritardo. Stesso regista, il confermato e validissimo John Krasinski (che si ritaglia anche una breve parte come attore), stessa ambientazione e stessi partecipanti, a testimonianza di come l’assioma “squadra che vince non si cambia”, spesso porta risultati confortanti, soprattutto se aggiungi al team anche qualche buon calibro. E poi diciamocelo, i mostrazzi ciechi, ma con l’udito migliore di quello della maledetta prof che ti sentiva bisbigliare anche in ultima fila, ci erano mancati assai.
Si parte quindi con una sorta di prequel, che ci fa rivivere la comparsa della minaccia piovuta dal cielo, utile tra l’altro per potermi soffermare sulla buona riuscita dei terribili predatori alieni che, come nel primo capitolo, beneficiano di una CGI di pregevole fattura che li rende assolutamente credibili. Dopo lo stacco e i titoli di apertura, eccoci quindi catapultati lì dove l’A Quiet Place n.1 era terminato, con ciò che è rimasto della famiglia Abbott a tentare di sfuggire ai mostri giunti dentro casa. Vista la situazione non più così sicura e grazie all’approntamento dell’impianto cocleare della figlia, i 4 si metteranno in viaggio alla ricerca di una speranza.
Tecnicamente il film si mostra all’altezza del predecessore, confermando l’ottimo lavoro cominciato da Krasinski, capace di regalare una regia solida, condita da pregevoli stacchi di camera che ci portano a saltare tra una scena e l’altra con buona nonchalance. L’aspetto tecnico viene altresì premiato da un uso del sonoro molto ben congegnato, e non c’è da stupirsene vista la natura della pellicola. Molto suggestive appaiono tra le altre, le scene “viste” dalla soggettiva della ragazzina sorda, con il totale azzeramento dei suoni, un espediente che mi ha ricordato per certi versi quanto realizzato nell’eccellente Sound Of Metal.
A livello di coinvolgimento, A Quiet Place II riesce a mantenere, seppure con un lieve calo, l’ansia trasmessa dal primo capitolo. Un’ansia che sicuramente trova giovamento dall’impossibilità di emettere suoni, che rende complicate le comunicazioni e che ci consente di percepire un quasi costante senso di pericolo.
In alcuni casi riesce inoltre ad essere molto efficace a livello emotivo, soprattutto verso la parte finale, dove il nuovo arrivato Emmett comincia a sciogliere l’aria burbera con cui si era presentato, creando un rapporto di complicità con Regan che garantirà ad entrambi il raggiungimento degli obiettivi. Tra l’altro, è in quest’occasione che viene pure mostrato quanto il pericolo non sia dettato esclusivamente dai mostri, poiché anche l’essere umano, quando ci si mette, sa essere altrettanto mostruoso (vedasi scena al porticciolo per esempio).
Il cast poi si rivela una delle armi in più e, considerata la natura del film, ciò aggiunge molto valore al lavoro finale. Emily Blunt si conferma perfetta per il ruolo ritagliatole, con quella sofferenza mista a tenacia dipinta sul volto che la rende senza dubbio una survivalista di livello, così come Millicent Simmonds, costretta a calarsi nel difficile ed insidioso personaggio della figlia non udente, che magari per lei (che non udente lo è per davvero) è risultato essere forse meno complicato. Ad ogni modo la resa è stata eccezionale. E poi, dato che Krasinski già nel primo film si era rotto le palle di stare in silenzio, facendosi di conseguenza massacrare senza pietà (una piccola parte nella fase prequel comunque se la regala lo stesso), ecco che qui abbiamo la piacevole new entry chiamata Cillian Murphy, davvero notevole nell’interpretazione dell’enigmatico Emmet, la cui evoluzione l’ho già parzialmente citata sopra.
La storia si sviluppa bene, tutto sommato rimane piuttosto lineare, senza grossi guizzi o clamorosi plot twist, riducendosi di fatto nel gioco alla sopravvivenza che tiene impegnato i protagonisti. Tuttavia, come spesso accade in queste occasioni, si ravvisano alcune scelte francamente discutibili da parte dei soggetti coinvolti, che a volte danno vita a sequenze non troppo credibili. Ma, essendo qui privilegiato l’intrattenimento alla concettualità pura, ritengo che possa essere perdonato.
In questo contesto si inserisce pure il finale, in cui l’impressione di aver leggermente oltrepassato il famoso vaso la si ha, salvo poi ritornare alla considerazione precedente che porta ad un apprezzamento quasi totale, anche in virtù di una breve durata che consente alla pellicola di scorrere rapida senza troppe pause.
Vedendo poi come si sono evolute le situazioni e l’andazzo preso dai due film, mi pare che ci fossero anche tutti i presupposti per creare una serie in puro stile Walking Dead, ma francamente spero che nessuno della produzione legga queste righe perché onestamente il film secco ha tutt’altro fascino.
Ed ora pronti per il n.3 che è già in cantiere.
Giudizio complessivo: 8
Enjoy,
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