Regia: Ping Lumpraploeng
Dunque la questione è semplice, intuisco che in un film c’è la presenza di qualche specie di coccodrillo non ben definita ed io lo guardo, a prescindere che sia un cultone in stile Alligator, un discreto intrattenimento più recente alla Crawl o una mezza cacata Asylum style con dinocroc e crocosauri che combattono come se non ci fosse un domani.
Ed ecco quindi che nel 2018, direttamente dalla Thailandia (luogo da cui al momento non mi sovvengono titoloni eccezionali visti di recente), arriva The Pool, un film che mi è risultato difficile giudicare, ma che in fondo sono riuscito ad apprezzare, nonostante i numerosi tentativi di autosabotaggio del buon Ping Lumpraploeng (chi???), regista qui al suo secondo lavoro dopo lo sconosciutissimo e credo introvabile Love-Aholic.
L’inizio è promettente, soprattutto se siete tra gli indinnnniati scagliatisi contro Cannibal Holocaust. Viene infatti indicato subito che nessun animale è stato maltrattato per la realizzazione di questo film, senza però far riferimento che forse ad essere maltrattato potrebbe essere anche stato (almeno per una buona parte del film) lo spettatore. O ancora peggio, ciò che qui è stata proprio presa a cazzotti in faccia è la reputazione dei protagonisti, umani o animali senza distinzione alcuna, visti gli sviluppi della vicenda…ma ci arriveremo.
Il tizio protagonista mi sento infatti di poterlo definire come il re dei coglioni. Ora al di là dei tentativi (alcuni anche discreti) di uscire dall’impiccio in cui si è ficcato, mi spiegate come diavolo è possibile che gli venga in mente di farsi un bagno, con tanto di materassino inguardabile, in quella cazz di piscina prossima allo svuotamento, per altro con un acqua più lercia del fiume Gange dopo un pediluvio di massa? Lo so non potete spiegarmelo, meglio così per tutti.
Ma se pensate che la palma di re dei coglioni sia stata guadagnata facilmente vi sbagliate di grosso perché per qualche strana ragione che solo Lumpraploeng forse potrà spiegarci, quasi tutto ciò che transita nei pressi della piscina finisce inspiegabilmente per finirci dentro, partendo dalla carinissima Koi che, con un doppio carpiato rovesciato con triplo avvitamento e annessa collisione con la tavola, va a fare compagnia al fidanzato (anche nella battaglia per ottenere la suddetta palma), passando per il povero cane che, se non fosse stato legato dall’amico previdente (?) avrebbe raggiunto il padrone in tempo zero, con sviluppi probabilmente migliori per lui, ma forse non troppo per la coppia, fino ad arrivare al coccodrillo.
Ecco, il coccodrillo. Diciamo che la realizzazione non è esattamente delle migliori (ma il povero Ping credo abbia avuto un budget appena sufficiente per poter acquistare il materassino, sempre che non se lo sia portato da casa), ma anche lui viene purtroppo contagiato dalla magnetica attrazione fornita dalla piscina e vuoi che un tuffo non se lo sia negato??? Però alla fine, seppure non sfrutti a dovere le molteplici occasioni che gli si sono parate davanti per sbranare i due rincoglioniti e farsi un buon pasto, non mi sento di condannarlo in toto, vista la scena in cui si infila sotto l’asciugamano della ragazza per annusarla esattamente là dove non batte il sole. Hai capito, coccodrillone curioso???
Tutte queste considerazioni, in realtà, mi servono per mascherare una prima parte davvero insulsa, dove per altro la noia sopraggiunge senza pietà, aggiungendosi ad altre scene insulse, dialoghi ancora più insulsi e al tentativo del tizio di prendersela con chiunque tranne che con il suo cervello insulso per la sorte toccatagli. E a questo punto Ping decide che ne ha abbastanza e cambia registro.
Il film diventa infatti un buon survival, a cavallo tra i non eccezionali Open Water e Frozen, con la drammaticità della sfiga che aumenta via via che passa il tempo regalandoci anche alcune scene piuttosto interessanti, tipo le dannate unghie che patisco sempre, il filo spinato che fa amicizia con il corpo del ragazzo e la sua fuoriuscita nella piscina adiacente (lì è scattato l’applauso).
Ma a quel punto il regista calo l’asso di picche, regalandoci un sistema di evasione credo mai visto prima e andando di conseguenza a giustificare la nota posta in apertura sul maltrattamento degli animali. Una scena piuttosto forte che non mi aspettavo, e per questo ancora più riuscita, che però introduce ad un finale che personalmente (dopo quanto appena visto), mi sarei aspettato più “cattivo”, ma d’altronde si sa, anche i Lumpraploeng hanno un cuore e non possiamo fargliene troppo una colpa.
Detto ciò, pur trovandomi in difficoltà sulla valutazione finale (che eccezionalmente non metterò), non mi sento di bocciare il film (anche se so che dovrei farlo), perché credo che meriti comunque una visione, nonostante un avvio non esattamente promettente.
Enjoy
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