Autore: Eliane Brum
Eliane Brum è nata in Brasile, lavora come reporter e si concentra maggiormente su Amazzonia e periferie urbane.
Il suo giornalismo non pone quesiti, le persone che intervista non devono rispondere a domande già preparate perché porle, per Eliane, è soddisfare se stessi, è condurre queste vite in una precisa e premeditata direzione e non è giornalismo.
Il suo reportage invece è lasciarsi condurre, lasciarli raccontare liberamente, abbandonare scalette e liste preconfezionate, appoggiare la penna e ascoltare. Lei entra in quelle case dimenticate di cui il mondo non conosce l’esistenza, vuole ascoltare quelle donne e quegli uomini che non appaiono in televisione, che non fanno scalpore, invisibili, emarginati e poveri.
Questo è un reportage che lascia senza fiato, ci porta in case dove nessuno entrerebbe e, grazie a lei, potrete conoscere realtà di una profondità indescrivibile.
É difficile riuscire a tradurre in parole il credo di quelle donne che nella notte navigano i fiumi dell’Amazzonia per portare alla luce l’umanità, giovani e meno giovani, accompagnate da una lampada, olio, preghiere ed eccole, le levatrici, mettersi in viaggio senza forbici, senza un corteo equipaggiato di medici, armate di unghie e denti.
Incontrerete il matto che cavalca un manico di scopa con occhi scintillanti perchè quella vita va alimentata da sogni e immaginazione per renderla speciale; l’uomo che, attraverso il respiro, comunica la sua vita, un rumore, in questo caso, vi farà comprendere la sua esistenza, presenza prepotente nel petto, risultato del solo desiderio di crearsi una famiglia.
Ma c’è anche quella ragazza che cade e si rialza continuamente, nonostante i costanti rifiuti per la sua disabilità fisica, l’uomo che si circonda di scarti altrui come ribellione nei confronti di un mondo che abbandona e dimentica; il dolore di madri che sopravvivono alla morte dei propri figli e tante altre realtà che non dimenticherete.
Persone comuni che nell’invisibilità vivono con dignità, speranza e forza.
Sono queste le vite che voglio conoscere, le case in cui voglio entrare; sono i loro silenzi che voglio ascoltare, le parole non dette ad avere valore, quegli occhi lucidi, la sorpresa, lo stupore che sanno far nascere.
Ad ogni reportage mi sono accorta di entrare in queste case trattenendo il fiato, per paura di disturbare, in punta di piedi. Mi sedevo anch’io sul bordo della seggiola per paura si sembrare invadente o curiosa.
Siamo in tanti luoghi diversi del Brasile: dal ventre dell'Amazzonia, al confine con l’Uruguay e nelle favelas.
Questo è il giornalismo che voglio, fatto di gesti, silenzi, rughe, affanni, lacrime, emozioni, attese.
Fa male, si, e tanto, ma è la verità ed è questa che voglio.
Qui il libro
Buona lettura,
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