Regia: Stanley Kubrick
Recensione
Nel 1999, dopo aver sfornato svariate perle che entrano di diritto nell’Olimpo dei grandi classici intramontabili, il Maestro Stanley Kubrick abbandona per l’ultima volta le scene, privandoci di un genio che difficilmente troverà un erede. Ma prima di andarsene (anche se circolano voci che mancasse ancora qualche piccolo dettaglio relativo al montaggio) ci regala l’ultimo capolavoro, Eyes Wide Shut.
Sì avete letto bene, perchè il termine capolavoro si addice perfettamente a questa pellicola, che più la guardi più ti rapisce, anche se non consiglio di rivederla troppe volte, specialmente se siete felicemente sposati e contate di rimanere tali.
Come spesso accaduto nella carriera del regista, il film è tratto dal romanzo breve Doppio Sogno di Arthur Schnitzler, che però non ho letto, rendendo quindi impossibile un qualsiasi tipo di correlazione o paragone. Ma francamente ritengo di potermi accontentare anche solo del film, che si insedia all’interno del mio personale podio di Kubrick.
E dire che le premesse non erano esattamente delle migliori, in quanto tra i protagonisti spicca quel Tom Cruise che, come dire, non rientra esattamente tra i miei attori e personaggi preferiti, anche se in questo caso non faccio fatica a passare oltre a questo particolare, dal momento che l’accoppiata Cruise-Kidman qui funziona davvero alla grande, reggendo quasi tutto il peso della pellicola sulle spalle. E gran parte del merito per conto mio (forse influenzato dalla considerazione fatta poco prima), lo si deve attribuire ad una Nicole Kidman strepitosa, magnetica e sensuale…da innamoramento immediato qualunque siano i vostri gusti sessuali.
La discussione iniziale appare emblematica, dal momento che non è semplice uscire vincitori da un confronto con una donna già in condizioni normali, figuriamoci dopo che lei ha trovato nella marijuana un alleato a dir poco fondamentale, al fine di generare una serie di tranelli dai quali nessun uomo (Cruise compreso) ne sarebbe uscito in maniera dignitosa. Ma questo siparietto è solo un esempio che aiuta a capire quale siano i temi centrali di Eyes Wide Shut, nello specifico la fedeltà coniugale, la passione ed il sesso.
Temi che non sono certo gli unici, dal momento che Kubrick li inserisce all’interno di un contesto ben più ampio, che punta alla rappresentazione di una Società retta da poteri che si nascondono dietro una maschera, strumento decisamente funzionale per l’espletamento di questo concetto. I poteri “nascosti” si rifanno poi a quelli degli Illuminati e della Massoneria occulta, che tengono in scacco tutta la politica e la Società in cui viviamo.
Le ambientazioni sono un valore aggiunto di grande pregio, a partire dal tour attraverso le strade di New York (girate per altro in gran parte negli studi di Londra), fino a quello che accade dentro la villa. Un alone di mistero avvolge tutto l’ambiente, con musiche di sottofondo che rapiscono lo spettatore per poi condurlo all’interno di un vortice di perdizione, dove l’esaltazione del corpo nudo fa da contorno ad una serie di scene di sesso girate con assoluta maestria, privilegiando la finezza e mai scadendo nel volgare. Non deve sorprendere a tal proposito la maniacalità del regista, che per girare alcune sequenze impiegò ben più di una settimana, riuscendo tra le altre cose a far fuggire per la disperazione il grande Harvey Keitel che inizialmente avrebbe dovuto interpretare il corteggiatore ungherese della Kidman.
Tra richiami alle favole, elementi freudiani e mille altri riferimenti che solo nelle visioni successive lo spettatore potrà apprendere, ecco che si arriva alla parte conclusiva, dove il concetto del “sogno” torna preponderante, rimandando così al romanzo da cui il film trae ispirazione. E proprio in virtù di quel titolo, “Doppio Sogno”, qualche dubbio su ciò che sia realmente accaduto all’interno della villa comincia ad insinuarsi nella mente di chi ha appena guardato, fino a giungere al finale perfetto in cui la Kidman suggerisce semplicemente ciò che dovrebbero fare maggiormente le persone, prima di lamentarsi, aprire la bocca e cagare il cazz al prossimo.
Sulla carta forse non sarà considerato tra i migliori lavori di Kubrick dai puristi dell’arte cinematografica. Per me però vale quello che il film trasmette e questo, da quel punto di vista, vola diritto nella mia top 3 del regista, come già sottolineato in precedenza.
Consigliato in lingua originale, causa doppiaggio non proprio all’altezza.
Giudizio complessivo: 9
Enjoy,
Nessun commento:
Posta un commento