Regia: Jennifer Lynch
Una pellicola dalle atmosfere cupe e drammatiche che per certi versi rimanda anche al genere horror, in cui i forti temi trattati, quello della violenza minorile e sulle donne, vengono utilizzati per inscenare scene di notevole tensione.
Ma partiamo con ordine.
Bob non è un tassista normale, oltre al suo sguardo assente ed inquietante, è un serial killer che sceglie con cura le sue vittime, le porta nella sua casa isolata, le uccide dopo averle violentate e infine ne sotterra i resti.
Difficile giustificare i comportamenti di Bob, che qui vediamo interpretato da uno strepitoso Vincent D’Onofrio, più facile capirne le motivazioni che hanno origine dai traumi subiti durante la sua infanzia, traumi che lo hanno portato ad avere una visione distorta delle donne.
Una sera a cadere nella trappola del tassista sono Sarah e suo figlio Tim di 9 anni. Saliti sul suo taxi all’uscita da un cinema, la donna viene subito uccisa, mentre il piccolo Tim viene allevato da Bob come se fosse un figlio. Divenuto adolescente, Tim è ormai lo schiavo personale di Bob, legato perennemente ad una catena e costretto a cibarsi con gli avanzi dell’uomo, con il compito di aiutarlo nel seppellire le giovani donne che questi porta ogni sera a casa.
Una storia scioccante e a tratti gratuita, che gioca ancora una volta sullo stereotipo del serial killer che agisce a seguito delle violenze subite nell’infanzia, in un film in cui spicca la monumentale interpretazione di Vincent D’Onofrio.
Il film, durante tutta la sua durata, vive senza alcun dubbio momenti di palpabile tensione, smorzata però in parte dalla monotonia con cui viene narrata la vicenda.
Un racconto che colpisce duro, ma era facilmente intuibile considerati i temi trattati, qui mostrati in tutta la loro crudezza soprattutto psicologica, con un epilogo dal quale è difficile comprendere il futuro del protagonista.
Buona visione,
Lo posso dire?
RispondiEliminaUna buddhanata atomica. Lynch senior si starà pentendo amaramente...