Regia: Darius Marder
Recensione
Eccezionale scoperta questo Sound of Metal, disponibile in esclusiva su Prime Video.
La storia, molto semplice, segue la vita di un batterista metal (Ruben) che vede improvvisamente venir meno ciò che, per un musicista, è a dir poco fondamentale, l’udito. Da lì comincerà un percorso doloroso che lo porterà ad affrontare sfide complesse e dai risvolti non scontati.
Il tema affrontato mi ha incuriosito parecchio, visti i numerosi anni passati in sala prove a volumi non esattamente raccomandati dal Titolo VII del D.Lgs. 81/08 😁. Volumi che oltre a rendermi un po’ più rincoglionito, probabilmente avranno anche indebolito il mio povero sistema uditivo, tanto che quando ho letto la trama non ho potuto esimermi dal vederlo.
Già l’inizio, con quel prolungato feedback che ti catapulta dritto sul palco, cala molto bene lo spettatore all’interno della realtà rappresentata, con annesso riff distorto di chitarra che introduce perfettamente il tranquillo brano eseguito dal duo protagonista, un brano ideale da auscultare in famiglia per festeggiare il Santo Natale che è alle porte. La vita on the road dei due ragazzi poi, non può che rievocare piacevoli ricordi, specialmente quando viene impreziosita da illustri citazioni quali per esempio Jeff Goldblum ed il capolavoro La Mosca.
Ma frenate l’entusiasmo, perché ben presto la menomazione del protagonista diventerà sempre più ingombrante, sostituendo il presobenismo musicale con l’abisso di paura e smarrimento in cui Ruben Stone viene catapultato (forse con troppa rapidità mi verrebbe da dire, ma non sono sufficientemente informato sulle tempistiche di insorgenza della sordità, per cui mi fermo qui).
A farla da padrone, nella descrizione di tutto questo, è una gestione del comparto sonoro veramente di livello eccelso, in particolar modo durante le prime fasi in cui si manifesta il problema. Alternando sapientemente il punto di vista uditivo, a seconda della persona presente in scena, veniamo proiettati direttamente all’interno della sequenza girata, quasi ne fossimo i protagonisti. Quando per esempio compare il povero Ruben, si percepisce chiaramente ciò che lui riesce a sentire (o meglio a non sentire). Quei fischi e quella sensazione di ovattato che hai intorno, ti rimanda proprio alle sensazioni provate dopo una giornata chiuso in studio di registrazione e, in più di un’occasione, ti vien quasi voglia di emettere un suono per vedere se ci senti ancora. Chiaramente, col passare del tempo, la scelta di privilegiare il punto di vista uditivo del protagonista viene limitata in quanto, seppur molto suggestiva e ben realizzata, avrebbe finito col risultare troppo pesante da digerire, visto e considerato che anche il proseguo del film non risulta esattamente leggero.
Riz Ahmed è perfetto per il ruolo che gli viene assegnato e riesce a trasmettere esattamente tutta la sofferenza, l’agitazione ed il timore che iniziano a pervaderlo. Memorabili alcune espressioni facciali, dove vedi proprio la paura e lo smarrimento di fronte ad un qualcosa che è più grande di te, che inizia a farti dubitare del presente e soprattutto del futuro. Da menzionare anche il doppiaggio che, potendo alternare la lingua di riproduzione del film, mi ha piacevolmente soddisfatto, facendomi quasi preferire la versione italiana a quella originale sottotitolata (evento rarissimo).
Le sensazioni che ci vengono trasmesse sono molteplici. All’inizio vedi la voglia di non arrendersi di fronte alla malattia, la non accettazione della cosa, che ti porta subito a cercare soluzioni anche improbabili, poi pian piano vien fuori il tentativo di convivenza con essa, la comunità, i bambini, la voglia di imparare la lingua dei segni (per cui è stato fatto un lavoro notevole a livello di studio e scelta dei personaggi) e quella consapevolezza di poter riscrivere la propria vita anche da un punto di vista differente. Ecco, da sto punto di vista devo avvertirvi che la fase centrale risulta forse un po’ troppo lenta e, nel complesso, la visione non è esattamente agevole, ma se saprete guardare oltre al semplice intrattenimento, alla fine sarete premiati.
Il finale infatti è un altro punto di forza della pellicola. La pace interiore trovata dal protagonista, il silenzio e forse finalmente la quiete, chiudono brillantemente un film che senza dubbio offre molti strumenti di riflessione, che si sviluppa in maniera diversa da quello che mi aspettavo, ma che mi ha lasciato assolutamente soddisfatto.
Giudizio complessivo: 8.3
Enjoy,
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