Regia: Takashi Miike
L'Immortale è un film del 2017 diretto da Takashi Miike. Si tratta del suo 100° film, distribuito dal colosso Netflix. Tra i protagonisti troviamo Takuya Kimura, Hana Sugisaki, Sōta Fukushi, Erika Toda e Hayato Ichihara. Un cast tutto sommato "nuovo" per il cinema, poiché la maggior parte di loro era conosciuta più che altro per la partecipazione in diverse serie "orientali". Per Hayato segna addirittura il "debutto" nel mondo del cinema.
SINOSSI
Il film ruota attorno alla storia di Manji, un samurai che, durante la fuga, uccide per sbaglio anche il marito della sorella Machi che, per il dolore del lutto, perde lucidità mentale. Machi viene catturata da un gruppo di criminali, che la uccide davanti lo sguardo attonito di Manji. Preso dallo sconforto e dalla rabbia, Manji compie una vera e propria strage, uccidendo tutti (e sono davvero tanti eh), restando però in fin di vita. Ed è così che fa la conoscenza di Yaobikuni, un'anziana signora che gli fa il dono della vita eterna.
Parallelamente alla storia di Manji, una bambina di nome Rin assiste inerme all'uccisione dei propri genitori. Molti anni dopo, Rin è in cerca di vendetta, ma per riuscirci ha bisogno dell'aiuto di Manji, che in lei rivede la sorella morta.
ANALISI DEL CARLINO
Takashi Miike, già autore di pellicole quali 13 Assassini, torna trasformando un manga, quello di Hiroki Samura, in un ottimo prodotto cinematografico. Pur mantenendosi sul filo dello splatter e del gore (che gli piace tanto, e pure a me), L'Immortale manca di un qualcosa, che lo renda un "capolavoro".
La storia, pur essendo coinvolgente, spesso è quasi ripetitiva e un po' lenta. Ha difficoltà nel prendere il via, e se non fosse stato per gli scontri epici (1 vs 1 miliardo), il film sarebbe stato un vero e proprio flop.
Forse Miike abbandona un po' quelli che sono i suoi canoni registici, quelli in cui ogni film lasciava un vuoto dentro di noi (Audition, giusto per citarne uno), per tentare una nuova strada, fatta di un dramma storico mescolato ad elementi fantasy.
La storia dell'immortale ha infatti tanti elementi fantasy, e non parlo solo della sua "immortalità", ma mi riferisco anche al fatto che Manji riesca a cambiare arma ogni nanosecondo, senza capire da dove escano. Mistero misterioso…
Gli elementi narrativi del film spaziano dall'odio, al senso di colpa, dall'amore alla vendetta, uniti da un unico filo conduttore, la violenza, perché persino l'amore può essere violento. L'era dei samurai era circondata da tutto ciò, un’era in cui non mancavano simbolismi quali l'onore, che Miike cerca di trasmetterci applicando abilmente l'uso del bianco e nero, che danno quella sensazione di un vissuto, dove vita e morte erano il rovescio della stessa medaglia.
Manji, un uomo che non può morire, ma che però trattiene il segno di tutte le ferite. Più che un dono, la sua è una maledizione, un senso di colpa che lo tormenta per la morte della sorella, che non è riuscito ad evitare…
La vita eterna, senza affetti, è una vita inutile, che fa soffrire più della morte stessa. L'immortalità porta con sé il peso dell'inesistenza, un macigno sulle spalle che non ci uccide, ma che ci rende la vita un inferno in terra. Tutto il film gioca infatti sul significato del senso della vita, sullo scopo di vita di ognuno di noi…
Non il migliore di Miike, io preferisco su questo genere "samurai" i 13 Assassini...Rimane tuttavia un buon film che, grazie agli scontri citati poco fa e al sangue che scorre a fiumi, riesce a intrattenere.
Però forse è tra quei film che vedi una volta e basta...
Buona visione,
Trailer
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