Ideatore: Evan Romansky
Regia: Ryan Murphy
RECENSIONE
Partiamo dal presupposto che Qualcuno Volò Sul Nido Del Cuculo può essere definito come uno dei miei film preferiti (anzi, se dovessi in assoluto decidere quale sia il mio preferito, forse direi proprio quello), per cui l’idea di una serie TV incentrata sulla figura di Mildred Ratched, l’infermiera che avrei strozzato con le mie mani se solo avessi potuto dare una mano al povero McMurphy, mi stuzzicava non poco.
Ma la cosa mi terrorizzava pure, perché andare a toccare un qualcosa di assolutamente vincente con sequel, prequel, spin-off a volte non porta a nulla di buono. E se a questo ci si aggiunge pure la componente emotiva che mi lega al film, ecco che la paura si amplificava ancor di più.
L’inizio tuttavia promette molto bene, a partire già dal primo episodio (saranno 8 in totale per questa prima stagione), dove già si nota un piglio piuttosto violento che probabilmente inizia a discostarsi dal taglio televisivo che molte serie hanno preso (o sono state costrette a prendersi) e anche nel proseguo si assiste con piacere ad alcune scene abbastanza intriganti, con un sufficiente spaccio di sangue innocente che, nonostante il rischio di finire fuori tema, avrebbe però potuto essere sfruttato maggiormente, soprattutto in relazione agli eventi sviluppatisi (ma detto da me che vedrei bene teste mozzate ovunque, forse la considerazione apparirà fuori luogo ai più).
Visivamente la serie è molto “bella” da vedere, con riprese suggestive ed un uso del colore che si fa apprezzare soprattutto nelle ambientazioni esterne. Non a caso, in regia, troviamo tra i protagonisti principali quel Ryan Murphy che in quanto a serie TV due cosette è riuscito a dirle (vedi per esempio American Horror Story e la più recente Hollywood).
Le musiche inoltre accompagnano molto bene le vicende narrate, trasportando in maniera sapiente lo spettatore.
Ma veniamo a quello che considero il vero punto forte di Ratched, e cioè i personaggi.
Sarah Paulson nei panni di Mildred è decisamente un valore aggiunto, con quella faccia da stronza alternata a momenti di quasi inspiegabile insicurezza che le garantiscono, oltre a quello di protagonista, anche la palma di MVP di tutto il cast presente.
Un cast che nel complesso non sfigura affatto, tutt’altro. A partire dall’eccentrico Dottor Hanover, interpretato dall’istrionico Jon Jon Briones che, tra le varie situazioni, si guadagna punti memorabilità soprattutto nella mitica sequenza in cui viene drogato dal viziato ragazzino che pagherà a caro prezzo la sua spavalderia. Ma anche Judy Davis e Cynthia Nixon, rispettivamente l’infermiera Bucket (odiosa antagonista di Mildred nelle prime fasi) e Gwendolyn Briggs (amante non troppo a sorpresa della Ratched nella seconda parte) offrono una prestazione assolutamente di livello, interagendo spesso con la Paulson e, in alcuni episodi, togliendole quasi lo spazio in prima linea. Citerei infine il buon Vincent D’Onofrio che, con la sua versione del governatore di turno, non appare troppo lontano da ciò che si visto recentemente negli USA (ah faccio presente che questa recensione è stata scritta quando ancora le elezioni non avevano ancora trovato il loro compimento) e vabbè pure Sharon Stone ovviamente che, seppur non accavallando le gambe come solo lei sa fare, riesce a non perdere il suo fascino anche quando commissiona decapitazioni come se non ci fosse un domani.
I flashback che ci mostrano come il passato di Mildred, ai tempi dell’esercito, tenda a non voler saperne di rintanarsi nei meandri più nascosti della memoria dell’infermiera, appaiono sicuramente intriganti e ben si accoppiano agli incubi recenti, uno su tutti quello in Messico quando il fratellino viene a bussarle alla porta insieme a quella dannata primo violino che, senza alcun dubbio, arrivi a detestare nonostante alla fine riesca a strapparti pure qualche risata (e brava anche Sophie Okonedo, già che ci siamo dilungati coi personaggi).
Tutto molto bello quindi e grande serie messa in cascina?
Beh, diciamo che se si chiamasse L’Infermiera XYZ non avrei dubbi a riguardo, ma quello che qui manca totalmente, e che probabilmente molti si aspettavano, è il collegamento con il film citato in apertura e con il romanzo da cui è stato tratto. Alla fine infatti, apparte il nome Ratched e qualche pratica svolta in clinica che necessariamente ti rimanda alla pellicola in questione, non sembra proprio di rivivere quell’ambiente lì, ma appare la storia, ben raccontata, di questa donna problematica e della sua storia familiare, altrettanto problematica. Certo, qui si tratta solo della prima stagione e, non sapendo quante altre ce ne saranno, viene facile pensare ad un ampliamento della faccenda nei prossimi episodi, ma per il momento mi mantengo tra coloro che si ritengono soddisfatti ma non troppo.
Giudizio complessivo: 7
Enjoy,
Trailer
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