Regia: Remi Weekes
RECENSIONE
Complice probabilmente la recente emergenza e la difficoltà di ripresa del sistema cinema, le varie piattaforme digitali stanno recentemente sfornando diversi prodotti parecchio interessanti e Netflix chiaramente non sta rimanendo indietro.
Ma con questo film, a sto giro, ha fatto per me un mezzo buco nell’acqua, nonostante le intenzioni di registi e sceneggiatori fossero sicuramente interessanti.
His House si presenta con una trama apparentemente lineare, la storia di una coppia in fuga dal paese di origine (il Sudan) e alla ricerca di una nuova vita in quella Terra Promessa che risponde al nome Regno Unito. Le difficoltà patite nella loro terra natia saranno chiaramente amplificate durante lo straziante viaggio per raggiungere la meta prefissata ma, una volta giusti a destinazione, per loro non ci saranno ancora la pace e la tranquillità prospettate.
Le premesse erano quindi intriganti, sia per la volontà di far luce sulla faccenda immigrazione (che tanto sta tenendo banco in quest’ultimo periodo), sia per la componente horrorifica e sovrannaturale che avrebbe dovuto fornire quel cambio di passo necessario ad elevare la pellicola ad un livello potenzialmente superiore. E se sulla prima questione mi sento di poter dire che l’obiettivo è stato raggiunto, lo stesso non vale per la seconda.
Partiamo però dagli aspetti positivi, evidenziando sin da subito un ottimo coinvolgimento emotivo, reso possibile grazie anche ad una buona prestazione dei due coniugi, interpretati con buon successo da Wunmi Mosaku e Sope Dirisu, dei quali fino ad oggi non avevo mai sentito parlare.
Tutta la questione legata poi alla condizione della coppia, sia prima dell’arrivo in UK, ma soprattutto dopo, è stata ben tratteggiata, soffermandosi su particolari che sicuramente fanno pensare, in quanto non distanti da quello che molto probabilmente si riflette nella realtà quotidiana. Non stupisce infatti il trattamento subito dai due da parte dei funzionari incaricati del loro inserimento nella società, che si sorprendono del fatto che Bol sappia addirittura firmare, mentre quasi ci si commuove nel vedere quanto riescano ad apprezzare la loro nuova sistemazione, nonostante essa si tratti in fin dei conti di una catapecchia sporca e palesemente inadeguata ad una vita semi decente.
I primi momenti passati al suo interno sanno inoltre essere a tratti piuttosto inquietanti, facendoti quasi considerare l’idea di trascorrere la nottata con la luce accesa e introducendo proprio la parte che meno mi ha convinto.
Da circa metà film infatti, lo sviluppo tende a farsi piuttosto pasticciato e confuso e, in più di un’occasione, stimolante lo sbadiglio. I viaggi mentali di lei al villaggio, lo stregone che se ne sbuca dal pavimento così come se niente fosse e le migliaia di apparizioni che si materializzano in casa come se non ci fosse un domani, le ho trovate poi francamente esagerate e per certi versi grottesche, nonostante alcune scene non siano del tutto da disdegnare.
Anche la figura dello Stregone stesso, potenzialmente interessante come tentativo di unire il dramma vissuto dai popoli africani con le credenze popolari radicate all’interno dei villaggi, risulta non esattamente convincente, giusto per usare un eufemismo e non dire che sembrava mio padre quando, durante la mia tenera età, si metteva due bende in faccia per cercare di terrorizzarmi.
Peccato perche, come ripeto, la svolta horror sarebbe potuta essere la marcia in più per far si che il film passasse da discreto a ottimo, mentre invece ha finito per condurlo da un buon discreto ad un non del tutto sufficiente.
Giudizio complessivo: 5.5
Enjoy,
non sono d'accordo. Certo, non tutto fila liscio, ma meno di 6(66) proprio no XD
RispondiEliminaEhehe lo so, con questo giudizio mi attirerò qualche antipatia, però purtroppo quando ho visto lo stregone comparire da sotto il pavimento stavo per spegnere tutto 😁
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